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Un collaboratore attivo di Trump è di “interesse significativo” sul Russiagate

Rijabkov

Il Washington Post ha una nuova rivelazione pesante per la Casa Bianca: tra gli indagati del Russiagate — che da un paio di giorni procede sotto la supervisione di uno special counsel — c’è anche un alto funzionario dell’amministrazione, un uomo molto vicino a Donald Trump, attualmente operativo nel suo ruolo.

Il collaboratore sarebbe considerato di “interesse significativo” dall’Fbi che si sta occupando dell’indagine. Il WaPo per ora non scrive il nome, ma possibile che velocemente  le fonti che in questo momento stanno inondando di rivelazioni i media, con  portata ancora maggiore di quella (già alta) dei mesi passati, facciano il passo succcessivo.

Per il momento l’identità pare sia stata omessa per non intralciare l’indagine in corso: si sa, comunque, che anche il genero di Trump, Jared Kushner, ora tra i più importanti uomini della West Wing, ha avuto contatti con l’ambasciatore russo Sergei Kislyak, uno dei personaggi chiave del Russiagate.

La questione è rilevante se si considera che per quanto finora noto il centro dell’indagine federale erano elementi rilevanti del comitato elettorale Trump, come l’ex capo Paul Manafort, consulenti come Roger Stone e Carter Page, o Michael Flynn (che aveva ricoperto un ruolo apicale nell’amministrazione, come APNSA, ma già dimessosi).

La nuova bomba è caduta sulla Casa Bianca mentre il presidente era in partenza per un lungo e complicato viaggio con cui incontrerà gli alleati mediorientali, quelli Nato e poi sarà al G7 di Taormina. Un viaggio che si porta dietro il peso di questa e di altre pesanti rivelazioni uscite in questa settimana.

Sempre venerdì anche il New York Times è uscito con un’altra pesante news: le fonti del giornale newyorkese hanno svelato un altro passaggio del rovinoso incontro di Trump con i funzionari russi nello Studio Ovale (quello delle spifferate sulle attività di intelligence). Trump avrebbe detto al ministro degli Esteri Sergei Lavrov e a Kislyak che aver licenziato il capo dell’FBI, quello “squilibrato di Comey” (pare sia stato il commento del Prez), lo avrebbe sollevato dalle pressioni “a causa della Russia”.

(Si parla del Russiagate. È dunque vero che il motivo della cacciata era stata l’indagine su Trump e i russi? Trump stesso giovedì aveva seccamente smentito. Il portavoce della Casa Bianca però ha dato un chiarimento obliquo: “Con il sensazionalismo e la politicizzazione  dell’indagine sulle azioni della Russia, James Comey ha creato inutili pressioni sulla nostra capacità di impegnarci e di negoziare con la Russia” ha detto Sean Spicer).

Nei prossimi giorni l’ex direttore del Bureau licenziato testimonierà davanti alla Commissione Intelligence del Senato, che sta conducendo un’indagine propria sul Russiagate.

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