I manager stanno preparando “l’offensiva di autunno”. Ovvero, fuori dalla metafora marziale, la Cida in rappresentanza di 150mila dirigenti ed alte professionalità, ha deciso di mettere in atto una serie di azioni convergenti e finalizzate ad un tavolo di confronto con il governo e le istituzioni. Vogliamo cioè contribuire allo sviluppo ed alla crescita del Paese, con un forte contributo da parte della classe dirigente manageriale.
Le iniziative sono molteplici. Punto di forza un documento di politica economica in cui, oltre ad esaminare con criticità l’attuale quadro congiunturale, si avanzano proposte concrete e documentate sulle soluzioni possibili contro sottosviluppo, squilibri macroeconomici ed erosione progressiva del welfare. Gli interventi proposti si concentrano, in particolare, sul fisco attraverso una coraggiosa revisione degli scaglioni Irpef per ridisegnare l’intera curva delle aliquote. Nel documento vi saranno le cifre e i calcoli a supporto di questa riforma fiscale basata sull’attuale paradosso di una pressione fiscale talmente alta da drenare risorse alla produzione e al reddito e da incoraggiare l’evasione. Altro tema portante quello del Sud. Rappresenta un terzo del territorio nazionale: è sbagliato e controproducente continuare a chiedere a Bruxelles singole deroghe per interventi pubblici. E’ l’intera questione meridionale che va portata in sede di discussione comunitaria con un piano di medio-lungo termine al di fuori delle attuali regole contabili.
E a proposito di Europa, il tema è talmente sentito da farci promotori di un’azione più intensa ed assidua attraverso incontri bilaterali con le organizzazioni manageriali di Francia, Germania, Danimarca, Svezia, ecc. per rilanciare l’azione della CEC, la confederazione europea dei manager. Perno di questo rinnovato sforzo è il “Manifesto dei valori”, un documento programmatico presentato al Cese (Comitato economico sociale europeo) in cui sono espressi visione, ruoli e i valori della dirigenza europea. Da qui parte l’azione della Cida per dare sostanza e forza progettuale alla CEC.
Un confronto, quello con i colleghi d’Oltralpe, dal quale sono già scaturite idee e progetti che riguardano sì i manager, ma che finiscono con il determinare un sostanziale cambio di rotta della vita economica e politica del nostro Paese. E anche questo è un aspetto importante dell”appuntamento” che chiediamo al governo in autunno. Stiamo parlando della classe dirigente di un Paese, di come si forma e di come ne vengano selezionati i migliori: un percorso che è nel Dna dei manager ma che può – o forse deve – essere applicato alla politica e ai partiti. Non è un caso che nel curriculum del neopresidente francese Emmanuel Macron via sia l’Ena, l’alta scuola di formazione dei dirigenti della pubblica amministrazione. Una formazione qualificata, che consente spesso il passaggio dal pubblico al privato. Una formazione, comunque, riconosciuta ed apprezzata dall’establishment ma anche dall’opinione pubblica. E così quando i partiti ed i suoi rappresentanti perdono colpi, la classe dirigente del Paese sa dove guardare. Non si tratta di ‘copiare’ l’Ena, ma di inserire criteri di formazione, di valutazione delle professionalità, delle competenze e di riconoscimento del merito anche per i partiti, in modo da poter selezionare, al meglio, i rappresentanti da far sedere in Parlamento e al governo.
Cida resta convinta, infatti, che i concetti di rappresentanza e rappresentatività siano vitali per lo sviluppo democratico. La tutela degli interessi si pratica ogni giorno con il dialogo e la mediazione dei conflitti. Un impegno che ci vede interlocutori attenti ed ascoltati dalle istituzioni e che ci rende credibili agli occhi delle categorie dell’alta professionalità. E’ grazie a questo lavoro che abbiamo allargato la nostra base associativa con la recente adesione del Sumai-Assoprof, il sindacato unico di medicina ambulatoriale che rappresenta il 90% dei medici specialisti presenti sul territorio nazionale. E poiché ci sentiamo rappresentativi di ‘tutta’ la dirigenza, è tempo di realizzare una vera osmosi tra dirigenza pubblica e privata. Una reciproca contaminazione in termini di concezione di ruolo e di cultura manageriale. Ecco un altro ‘assist’ che forniremo al governo: una nuova governance del manager pubblico-privato attraverso una ‘autoriforma’ della Pubblica amministrazione. Un progetto costruito dal basso, condiviso da quelle stesse categorie che poi ne dovranno declinare in pratica le impostazioni. Alla base c’è la volontà di mettersi in gioco, la sfida a farsi misurare sui risultati, ad assumersi le proprie responsabilità rifuggendo da qualsiasi ‘padrinaggio’.
Corollario irrinunciabile di questa nostra battaglia volta a rendere più efficiente il sistema-Paese è quello del superamento del cosiddetto ‘capitalismo familiare’ a vantaggio di una massiccia apertura delle imprese medie e piccole alle figure manageriali. I dati, anche in questo caso, parlano chiaro. Le aziende che si dotano di manager esterni hanno performance economiche migliori in termini di fatturato (+2,4%) occupati (+2,6%) e produttività del lavoro (+0,9%). Se poi ci si sofferma sulle imprese acquisite dall’estero ad alta managerializzazione, le performance sono ancora migliori. A parte qualche rara eccezione, le imprese a gestione familiare alla seconda, terza generazione vanno fuori dal mercato con crisi occupazionali ed impoverimento del territorio. Da tempo sollecitiamo le forze politiche ad intervenire in tal senso, agevolando l’ingresso dei manager nelle imprese, in particolare in quelle di medie-piccole dimensioni. Le soluzioni praticabili sono più di una (agevolazioni fiscali, banca dati di manager disponibili, sul modello francese, ecc.) ma il problema va affrontato. Il mercato è sempre più globalizzato e competitivo: la sapienza dei nostri nonni e padri che hanno creato il miracolo economico del Dopoguerra va aggiornata e resa più moderna con innesti di professionalità e competenze che solo adeguate figure manageriali possono, ormai, garantire.
Infine, ma non per importanza, c’è un altro legame che il mondo manageriale vuole esaltare e rendere più concreto: quello con la scuola. L’alternanza scuola-lavoro è un progetto al quale crediamo fermamente, è strategico per il Paese e consente di avvicinare i giovani al sistema imprenditoriale. Guai a cadere nella trappola dell’autoreferenzialità: i manager devono essere dei testimoni del lavoro per i giovani, aiutandoli a comprenderne l’essenza formativa, di crescita della personalità e di sfida per le proprie capacità. Un protocollo con il Miur in cui la Cida mette a disposizione, gratuitamente, l’esperienza e la professionalità dei propri manager per introdurre i giovani al lavoro, sancirà questo impegno.
Ci siamo quindi attrezzati con un ‘business plan’ ambizioso ed articolato per presentare al governo, alle istituzioni, alla politica, proposte concrete che certamente interessano le categorie che rappresentiamo ma che, grazie al valore aggiunto delle competenze e delle professionalità in grado di mettere in campo, vanno oltre l’aspetto rivendicativo per porsi come programma di lavoro immediatamente attuabile. Paradossalmente ma non troppo, vista la stagione politica attuale e gli incerti sviluppi del prossimo futuro fra impegni comunitari e scadenze economiche (manovra d’autunno, clausole di salvaguardia, nuovi equilibri in Europa dopo le elezioni in Francia e l’attesa per quelle in Germania) quello che andremo a proporre potrebbe definirsi una sorta di ‘programma elettorale’ per guidare il Paese fuori dalle secche della stagnazione. Ovviamente i manager stanno al proprio posto e si guardano bene dalla commistione dei ruoli, ma non possiamo più stare a guardare e limitarci a criticare o a voler correggere questa o quella legge. Il tempo per gli interventi tampone, per le ‘manovrine’ è finito. Va preso atto della realtà: siamo di fronte al bivio di un’Europa e due velocità. Sta solo a noi decidere se partecipare, da subito, al gruppo di testa o accontentarsi di fare da gregari.