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Basta catastrofismi contro la mossa di Trump sugli accordi per il clima. Parlano Frattini e Terzi

Il diritto internazionale è una materia estremamente affascinante, ma pecca di un presupposto essenziale per poter essere considerato una disciplina giuridica: le leggi che lo compongono non sono vincolanti. O meglio, sulla carta spesso lo sono, ma non possono essere sanzionate in modo efficace e rimangono raccomandazioni. Ne ha dato prova Donald Trump, che qualche giorno fa ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi (Coop 21) infischiandosene delle norme, che prevedono che l’accordo non si possa abbandonare prima del 2019. Lunedì, per celebrare la giornata mondiale dell’ambiente, alla Sioi si è tenuto un incontro per sensibilizzare sul tema ambientale senza cadere in partigianerie poco utili al dibattito. Tra gli altri ospiti hanno partecipato gli ex ministri degli Esteri Franco Frattini e Giulio Terzi di Sant’Agata.

Lo ha scritto senza mezzi termini qualche giorno fa su Formiche.net Umberto Minopoli: quando si parla di global warming e salvaguardia dell’ambiente, il rischio è trasformare il tema in un credo religioso perdendo ogni contatto con la realtà. Durante il G7 di Taormina chi pensava di aver la forza di far sedere Donald Trump a un tavolo per parlare di commercio e ambiente si è dovuto accontentare delle briciole. “Non sono per niente affezionato a questi G-qualcosa” chiarisce Franco Frattini, “nemmeno il G20 può avere la pretesa di dare delle linee vincolanti al resto del mondo”. Da ministro Frattini ha osservato di persona la scarsa incisività di questi consessi mondiali, in cui tutto si promette e poco o nulla viene mantenuto. Lo stesso vale per eventi globali come la giornata dell’Ambiente: “Nel 2016 il testimonial era l’Angola, che durante le celebrazioni ha promesso solennemente di tagliare a 0 il commercio di zanne di elefanti, mentre la Cina prometteva di chiudere il mercato dell’avorio”. Chi può controllare che gli impegni presi vengano rispettati? La risposta va da sé: nessuno. “La serie di promesse che vengono prese rischiano di rimanere rinchiuse in quella giornata, serve un follow-up”, continua il Presidente della SIOI, senza risparmiare il Canada, che quest’anno fa da testimonial: “se nel Nord del Canada in una zona delicatissima come la Baia di Hudson si continuano a fare trivellazioni, si perdono le tracce degli impegni presi”. Anche Giulio Terzi, ex numero uno della Farnesina, rimane scettico sulla portata di questi accordi internazionali sull’ambiente. Basta fare un rapido confronto tra i comunicati finali del G7 2016 a Ise Shima e quello di Taormina, “ci si rende conto di un cambiamento di 180 gradi: le uniche righe che il G7 di Taormina dedica all’ambiente sono quelle sulla trasparenza e la regolamentazione dei mercati e delle politiche energetiche.”

Sulla bordata di Trump al Coop21 né Frattini né Terzi prevedono scenari apocalittici. “Non me la sento di partecipare ai partigiani dello sviluppo industriale né a quelli per cui qualsiasi cosa assomigli a un ambiente naturale debba essere chiusa per non essere danneggiata” mette in chiaro il primo dei due, spiegando per quanto riguarda la vicenda dell’Accordo di Parigi di avere “rispetto del dibattito interno all’amministrazione americana, di chi non vuole sacrificare qualunque prospettiva di sviluppo industriale in un paese dove il presidente ha vinto puntando sullo sviluppo industriale e l’occupazione. Ma se l’incuria e la mancanza di previsione strategica dovessero proseguire, anche quelle stesse realtà imprenditoriali che rivendicano il diritto a non declinare sarebbero le prime a essere danneggiate”. Terzi dal canto suo ricorda come per l’annunciata uscita dall’accordo “non poche responsabilità sono anche del Congresso americano”. Ma tiene anche a sottolineare che il Coop21 non muore con la fuoriuscita statunitense: ci sono infatti superpotenze che hanno fatto un passo avanti dopo la ratifica dell’accordo, come l’India, che a Parigi aveva remato contro la riduzione delle emissioni e oggi a distanza di un anno e mezzo ha ridotto sensibilmente l’uso del carbone e promette di eliminare le automobili non elettriche entro il 2030. La Cina all’indomani dell’annuncio di Trump ha rassicurato in un summit con l’UE a Bruxelles di voler andare avanti con gli accordi di Parigi e persino Vladimir Putin ha garantito che i russi rispetteranno i patti.

L’ambasciatore Terzi dubita che il prossimo G20 a luglio in Germania possa ricucire lo strappo di Trump sull’ambiente: “al massimo ci si può aspettare che gli americani siano meno polemici, non che si firmi un nuovo Trattato”. Di certo c’è che la protagonista assoluta di quell’incontro assai più incisivo del G7 sarà Angela Merkel, che già sta preparando con gli alleati asiatici l’isolamento di Trump sul clima e il commercio. Favorita in tutti i sondaggi sulle elezioni tedesche di settembre, sarà (ancora) lei, la Cancelliera di Ferro, a rappresentare un’Europa che è lasciata sempre più sola dagli Stati Uniti e deve reagire al più presto.

 


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