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Che cosa ci divide da Tim. Parlano Bassanini e Pompei (Open Fiber)

Essere arrivati dopo ha i suoi vantaggi. Quello di esordire direttamente con le tecnologie di ultima generazione, e soprattutto il fatto di non dover difendere un vecchio asset su cui si è costruito il proprio business. A dirlo sono stati questa mattina in audizione davanti alle commissioni Lavori pubblici e Industria del Senato rispettivamente Tommaso Pompei, amministratore delegato di Open Fiber, società equamente posseduta da Enel e Cassa depositi e prestiti, alla quale il governo ha affidato il compito di costruire l’infrastruttura pubblica a banda ultra larga, e Franco Bassanini, che ne è il presidente.

I due vantaggi indicati dai vertici di Enel Open Fiber tirano in ballo di fatto Tim, l’ex monopolista con cui Open Fiber e governo negli ultimi giorni sono tornati a scontrarsi sul piano governativo per portare la fibra in tutto il Paese.

A giugno scorso Tim ha espresso l’intenzione di cablare le cosiddette “aree bianche”, quelle cioè dove l’investimento in fibra non è redditizio, entrando così in diretta concorrenza con OpenFiber, e ha iniziato a farlo con la creazione di Cassiopea, una società dedicata alla posa della rete nelle aree a fallimento di mercato.

Dopo le dichiarazioni di Claudio De Vincenti, ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno e presidente del Cobul, il Comitato per la diffusione della banda ultralarga, e quelle del sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli, che hanno considerato i ripensamenti di Tim dannosi per Enel Open Fiber e dunque anche per lo Stato, ad esprimersi è stato anche Carlo Calenda, secondo il quale il piano del governo potrebbe andare avanti spedito, “a Telecom piacendo”.

Ecco cosa hanno detto in audizione Pompei e Bassanini.

LE DIFFERENZE TRA FIBRA E RAME

Pompei ha messo subito le cose in chiaro: “Non c’è nessun merito di Open Fiber nell’avere una rete a tutta fibra. Siamo semplicemente arrivati dopo. Ma utilizzare questa tecnologia ha i suoi vantaggi”, ha detto l’amministratore delegato. Innanzitutto “garantisce prestazioni largamente superiori al rame, offre una velocità di connessione più elevata, sia quando si carica, che quando si scarica, perché la caratteristica della fibra è di essere simmetrica, e assicura una latenza (tempo di risposta, ndr) inferiore”. E poi ci sono i costi di manutenzione, anche quelli a vantaggio della fibra ottica.

IL MODELLO DI BUSINESS

Per Pompei in Open Fiber risulta vincente anche il modello di business: “Realizziamo l’infrastruttura e la vendiamo a coloro che per mestiere si rivolgono al cliente finale. Le tlc sono l’unico sistema a rete ancora integrato verticalmente. La separazione tra rete e servizi che si è avuta negli altri settori, come quello del gas, inevitabilmente si realizzerà nelle telecomunicazioni. Il livello di investimenti è talmente elevato che nessuno potrà più permettersi di occuparsi di infrastrutture e servizi”.

LE PRECISAZIONI DI BASSANINI

A rimarcare la differenza con Telecom è stato poi Bassanini: “La nostra è una nuova rete, molto impegnativa. Ha alle spalle azionisti di lungo termine, che non pretendono un ritorno immediato. L’investitore ultimo, lo Stato, poi, è interessato al fatto che l’investimento produca vantaggi per lo sviluppo dell’intera collettività”, ha detto il presidente di Open Fiber.
“Questo – ha sottolineato Bassanini – ci pone in condizione particolare rispetto ad altri che hanno azionisti che pretendono ritorni immediati. Noi non abbiamo la legacy del passato, non abbiamo da difendere valore di vecchio asset che nel tempo verrà gradualmente sostituito da una nuova infrastruttura. Noi rispetto ad altri abbiamo il vantaggio di non dover spiegare la riduzione di valore di asset che abbiamo valorizzato nel nostro bilancio”.

LO STOP AL TERZO BANDO

E mentre Tim, che sarà ascoltata questo pomeriggio in audizione, si sente legittimata a stendere la propria rete anche in “aree bianche” precedentemente trascurate, in quanto i documenti di governo, Cipe, Commissione Ue autorizzerebbero una società privata ad aggiornare il proprio piano di investimenti nella banda ultra larga, l’esecutivo pare concedere tale possibilità solo per i bandi la cui procedura di gara non è ancora partita. Ovvero il terzo bando relativo a tre regioni, ha precisato Bassanini in audizione, per il quale il ministero ha già annunciato di aver rinviato la sua partenza. Un’attesa forse doverosa, perché – come ricorda oggi il Corriere della Sera- , “tanto la Ue, quanto il Cipe e poi successivamente il governo Renzi con il piano nazionale per la banda larga, hanno stabilito che gli incentivi possono essere dati solo se nelle stesse aree i privati non intendono investire. Altrimenti sarebbero aiuti di Stato”.

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