Alla fine la tanto attesa audizione al Senato di James Comey, l’ex direttore dell’Fbi licenziato da Trump, si è rivelata un boomerang. Nonostante il tifo da stadio del Washington Post e del New York Times ed il sostegno caloroso dei senatori democratici, la deposizione sotto giuramento di Comey ha avuto degli aspetti paradossali e, secondo molti commentatori indipendenti, ha finito per avvantaggiare Trump mentre rischia di mettere nei guai lo stesso Comey.
Erano stati i democratici, alla forsennata ricerca di occasioni di impeachment, ad insistere per l’audizione di Comey; Comey stesso l’aveva in qualche modo sollecitata.
Un po’ di chiacchiere innocue e prima sorpresina: Comey ammette che non esiste nessuna indagine a carico del presidente Trump. Primo riscontro ufficiale di una cosa che Trump andava dicendo da settimane senza che nessuno confermasse.
Ancora chiacchiere e finalmente si arriva al momento clou, al racconto da parte di uno dei due protagonisti dell’incontro a due tra il cattivo Trump, che vuole ostacolare la giustizia, e il buono Comey che difende la virtù del Sistema Americano.
È il 14 febbraio, i due sono soli nello Studio Ovale (sembra una pièce di Ionesco): Trump (parlando del generale Flynn, sotto inchiesta): is a good guy (è un bravo ragazzo). Comey: He is a good guy (è un bravo ragazzo). Trump: I hope you can see your way clear to letting this thing go ( spero che tu possa trovare un modo per lascia andare questa cosa). Comey non dice né si né no, non risponde. Apparentemente questa parte del colloquio finisce qui.
Comey aggiunge due cose ai senatori: la prima è che aveva avuto la sensazione che il presidente dicendo spero intendesse voglio; la seconda sembrerebbe nelle intenzioni più pesante per Trump. Comey percepisce il discorso di Trump come una lesione di quella lui stesso chiama “recent traditions of Fbi independence” anche se riconosce “nella storia, alcuni presidenti hanno deciso, per i “problems” che venivano dal Dipartimento di Giustizia (da cui dipende lo Fbi) di tenerlo fuori”.
Dice il Prof. Alan Dershowitz (poi dirò chi è): That is an understatement!
“Nella storia americana – da Adams a Jefferson, a Lincoln, a Roosevelt, a Kennedy, a Obama – i presidenti hanno ordinato (non semplicemente richiesto) al dipartimento di Giustizia di indagare (o non indagare) di perseguire (o non perseguire) specifici individui o categorie di individui. In altre democrazie non è così e il procuratore generale e i magistrati sono indipendenti dal primo ministro. Nella Costituzione Americana invece il General Attorney da un lato è a capo di tutte le strutture federali che devono far rispettare la legge (compreso FBI) ma nel contempo è il Consigliere del Presidente per tutte le materie legali e di giustizia. Il Presidente può fermare definitivamente le indagini nei confronti di qualunque persona semplicemente concedendogli il Perdono”. Questi poteri sono stabiliti dall’Articolo II della Costituzione americana.
In pratica se Trump avesse detto a Comey “ti ordino di interrompere le indagini sul Generale Flynn, perché lo voglio perdonare”, Comey avrebbe solo potuto ubbidire perché questo è un potere presidenziale, garantito dalla Costituzione degli Stati Uniti d’America.
In altre parole, tutte le cose che Comey e i Democratici e i giornali come Washington Post e New York Times stanno imputando a Trump si trovano scritte come poteri del Presidente nell’articolo II della Costituzione. In realtà stanno facendo delle forzature molto pericolose perché stanno trasformando un più che legittimo contrasto politico (spesso anche giusto nel merito), in una delegittimazione del Presidente ed in una messa in discussione dei dettati costituzionali.
E Comey? Probabilmente avrà qualche problemino. Comey dice nella sua deposizione che ha fatto avere una sua nota relativa agli incontri con Trump, tramite un suo amico, ad un giornalista del New York Times. Meraviglia che Comey abbia fatto anche questa dichiarazione, anche perché non è certamente uno sprovveduto, è stato anche vice Attorney General con Bush, eppure l’ha detto ed ha confessato un reato.
Il presidente degli Stati Uniti sulla base della Costituzione americana (che è della fine del Settecento) è molto simile ad un Re, un Re particolare, un Re eletto, bilanciato per molti aspetti dal Congresso, ma comunque con tantissimi poteri sovrani. Anche nella terminologia (abbiamo visto prima il Perdono: il Presidente perdona…. sembra una tragedia elisabettiana), ad esempio in questo caso Comey ha svelato “privileged informations” raccontando i contenuti di privileged conversations.
Ora succede che questa cosa un Federal Officer come Comey non la può fare: non solo, volendosi fare ancora più male, ha detto che l’ha fatto per forzare la nomina di un investigatore indipendente (come in effetti è avvenuto). In pratica l’ha fatto per danneggiare il presidente eletto e la sua Amministrazione.
Il Wall Street Journal commenta: “Comey si sarebbe dovuto dimettere se non era d’accordo con il Presidente, non l’ha fatto e questo fa capire che le sue motivazioni non sono la Verità ma la Vendetta”.
In chiusura due parole sul Prof. Alan Dershowitz. Forse il nome dice poco, ma moltissimi di noi lo conoscono per i film tratti dalle sue cause celebri tipo “il caso Von Bulow” o O. J.Simpson. In America è famosissimo, un vero mito. È stato il più giovane professore di legge ad Harvard. Un democratico da sempre, ha votato per Hillary Clinton dando un supporto pubblico alla sua candidatura. Ebreo e difensore di Israele, liberal, garantista di ferro, ha un record di cause penali vinte impressionante. Tonnellate di articoli su giornali giuridici di tutto il mondo. Ora sta facendo impazzire i democratici che vorrebbero cacciare Trump rilasciando interviste in cui spiega che son tutte chiacchiere, è un teatrino, perché nel comportamento di Trump “there isn’t any criminal offence…”, non c’è reato.
Due giorni fa poi l’ha fatta grossa, mentre tutti i media santificavano l’eroe Comey, Dershowitz ha dichiarato: “The last person in the world who should be leaking information is the director of FBI”.