Il 27 giugno la Corte dei Conti ha lanciato l’ennesimo grido di dolore: un nuovo allarme sul fenomeno della corruzione nel corso della cerimonia per il giudizio sul rendiconto generale dello Stato. La Corte dei Conti ha invocato norme più severe. Non di norme più severe si ha bisogno ma di modificare l’assetto della Pubblica Amministrazione in modo da rendere la corruzione impossibile.
I punti fondamentali di questa “rivoluzione della nostra cultura amministrativa” sono: (a) far sì che si sappia sempre chi è responsabile di quale decisione, superando il sistema, oggi in vigore, per il quale chi formula un atto (decisione) amministrativo non è chi lo firma; (b) far sì che si sappia per quale finalità sono realizzate le varie spese pubbliche; (c) abolire i controlli ex ante; (d) cambiare l’architettura degli appalti, trasformando l’attuale direttore in ispettore e imponendo alla ditta aggiudicatrice di individuare il proprio direttore e creando un gruppo di professionisti in grado di fare capitolati seri. Vediamo rapidamente questi punti.
Il primo punto (conoscere il responsabile delle decisioni) richiede che il responsabile del procedimento (chi prepara la decisione) sia sempre anche il responsabile del provvedimento (chi la firma). Oggi questo non avviene perché il responsabile di procedimento è un funzionario mentre il responsabile di provvedimento deve (ex art. 17 Dlgs 167/2001) essere un dirigente. Questo assurdo fa sì, tra l’altro, che il dirigente (chiamato a firmare atti che non ha scritto) diventa un collodi bottiglia: ho legge ogni atto che firma (e accumula ogni giorno ritardi inenarrabili) o firma in maniera inconsapevole. Nemmeno in Ucraina si verifica un assurdo simile.
Il secondo punto (sapere a cosa servono le risorse spese) significa dare seria attuazione alla contabilità per missioni. La nostra contabilità pubblica è tradizionalmente articolata, sul versante della spesa, secondo la natura di quello che si compera (pisellini, carne, pesce etc.). Andrebbe articolata secondo lo scopo per cui si fanno le spese (pasti della mensa della Scuola Manzoni, pasti della mensa della scuola Leopardi etc.). E’ dal 2009 che stiamo cercando di fare questo salto. Con scarso successo. Basti pensare che tra le missioni previste dalla nuova normativa ne esiste una che viene definita “debito pubblico”. Il che significherebbe che uno degli scopi della nostra azione amministrativa è fare debito pubblico(!).
Il terzo punto (abolire i controlli preventivi) significa eliminare forse il motivo principale per il quale il malandrino spesso la fa franca. Prima di fare la birichinata si metto d’accordo con il suo controllore. I controlli preventivi vanno sostituiti da controlli successivi. Il responsabile di ogni decisione deve essere consapevole che, prima o poi,qualcuno che non conosce passerà al vaglio la sua decisione.
Il quarto punto (gli appalti) può essere preso ad emblema del disorientamento del nostro legislatore quando tenta di risolvere i problemi della corruzione. Le direttive UE sugli appalti non hanno l’obiettivo di combattere la corruzione ma di garantire la concorrenza. La lotta alla corruzione è lasciata agli Stati Membri. Orbene, se raffrontiamo le procedure di appalti di casa nostra con quelle dei nostri partners al di sopra delle Alpi, siamo colpiti a prima vista da una grossa differenza: in Francia, in Germania, in Danimarca etc. l’ente appaltante non nomina un direttore dei lavori. Il direttore dei lavori è un dipendente della ditta aggiudicatrice. Perché questa differenza? Sopra le Alpi il capitolato d’appalto è così chiaro e dettagliato da non rendere necessario un funzionario (il direttore dei lavori) che possa decidere come riempire (a sua discrezione) i buchi lasciati aperti dal progetto. E’ qui che si apre la negoziazione. Quindi, per contrastare la corruzione negli appalti, bisogna formare tecnici in grado di produrre capitolati completi. In Francia la scuola di travaux publics dura 4 anni (l’accesso è aperto solo a chi è già ingegnere o architetto).
Va qui rimarcato che la riforma Madia non tocca nemmeno uno di questi punti. Segno che ancora non è stato fatto il salto di qualità necessario a livello culturale per affrontare questi problemi. C’è da chiedersi perché non chiediamo l’aiuto del Consiglio d’Europa (non della UE) per essere aiutati a fare questo salto.