Il tema del ritorno dei cattolici in politica è all’ordine del giorno, ne parlano in tanti, auspicandola, altrettanti diffidandola. Ad auspicarla sono vecchi politici disoccupati e nuovi politici in cerca di collocamento. Ne parlano cattolici militanti ansiosi di misurarsi nel parlamento e non solo nelle piazze (non immaginando quanto sia diverso). Ne discutono i cattolici praticanti, preoccupati della mancanza di riferimenti in politica che difendano i valori da loro condivisi. Ne parlano, con prudenza, anche alcuni preti e presbiteri. Chi diffida, anzi chi si preoccupa, di detto ritorno in politica, sono soprattutto i veri esperti in politica. Costoro sanno che oggi persino un “Voltaire” voterebbe un partito (vero e serio) cattolico se sapesse difendere i valori morali di cui si teme la scomparsa nel mondo globale. Ecco, quella “volteriana” è la tesi favorevole a un vero ritorno dei cattolici in politica, da parte dei sani e saggi laici preoccupati che, per mancanza di morale forte, cioè cattolica, temono (come Voltaire) che la moglie metta loro le corna, il servo li derubi e il medico li avveleni.
Ma dove possono far politica concretamente questi cattolici senza rischiare di perdere l’anima? Nella loro nazione? No, non credo sia più possibile, le decisioni non si prendono più a livello locale. In più ai cattolici, più che un partito, manca una coscienza politica unitaria, grazie al fatto che la Chiesa, intesa come comunità di credenti, è in crisi. Non lo era quando nacque la Democrazia Cristiana. Il ministro degli Esteri Alfano, in una trasmissione su Rai 3, ha affermato che anche la Dc non mise il governo in crisi su aborto e divorzio. Ma io ricordo che nel dopoguerra la Dc ebbe successo non solo perché aveva l’appoggio della gerarchia ecclesiastica e di preti coraggiosi, non solo perché c’erano dirigenti capaci, animati da spirito di servizio, che credevano alla politica ispirata dalla fede, ma anche perché la borghesia era terrorizzata dalla minaccia del socialismo e appoggiò la Dc come ancora di salvezza, mancando alternative credibili.
Come oggi in cui la borghesia (50% degli elettori) ha perso fiducia nei politicanti ed è preoccupata dal crollo dei valori morali e dall’affermazione di quelli laici imposti dal mondo globale a governi cooptati anziché eletti. Certo non è facile realizzare questo progetto oggi, per più ragioni. In primo luogo, per la citata rottura interna al mondo cattolico. In secondo luogo, per l’attuale scoraggiamento implicito del ruolo di intermediazione (svolto dai Movimenti) tra la gerarchia e il mondo cattolico, in pratica basta “Chiese nella Chiesa”. Terzo, perché nell’attuale fase di omogeneizzazione culturale e morale nel globale si scoraggiano progetti politici con rifermenti morali. Ciò significa che, se il “partito cattolico” paradossalmente vincesse le elezioni con un programma “moralistico”, ci farebbero passare un brutto momento. Le ragioni del mio pessimismo stanno nel fatto che temo la politica, come espressione di una volontà democratica, sia finita.
Le leggi da approvare o no sono decise e imposte a livello globale, o si accettano o si perde. Magari senza riflettere su cosa si perde accettando le imposizioni. La discussione sulle norme morali non avverrà più nei singoli parlamenti nazionali. O si capisce dove, come e chi, può trattare queste norme o si sarà costretti a cambiare (semanticamente) il nome a ciò che si vuole difendere e riscrivere la Bibbia. Dobbiamo prendere nota che c’è una volontà di potere sovranazionale che vuole risolvere i problemi dell’umanità prescindendo dalla umanità stessa e prescindendo dalla ostinazione di “minoranze” cattoliche che insiste nel considerare la dignità dell’uomo, creatura di Dio, la sacralità della vita umana ecc.
Questo potere pretende di perfezionare detta umanità, la cui “creazione” è troppo imperfetta, concepita e regolata da “leggi naturali”, inventate dal cattolicesimo ecc. Questa minoranza sarà l’unica minoranza non tollerata nel mondo globale, chi e come potrà e saprà tutelarla politicamente? Dovrebbe farlo chi ne ha autorità e responsabilità morale, ma verrebbe accusato di non rispettare i “patti lateranensi” e di non aver ben capito il Rapporto Kissinger del 1974 e seguenti (si trova in Internet). Cerchiamo di ricordare che i partiti cattolici, quando c’erano, di sconfitte ne hanno avute parecchie, da quelle nella difesa della vita (aborto), della famiglia (divorzio), all’insegnamento (catechismo), ai crocefissi nei luoghi pubblici, alla cancellazione delle festività religiose, ecc. La prossima sconfitta sarà forse il divieto di insegnare religione in famiglia (indice di superstizione), poi di confessarsi (meglio la psicanalisi), di celebrare la Santa Messa (rito pericoloso per l’educazione globale)? Ho l’impressione che oggi i cattolici di coscienza non credano più nella politica, scendono sì in piazza, ma soprattutto vanno a pregare a Medjugorje.