Israele fa sul serio in campo energetico e ha notevolmente accelerato il proprio impegno nello sfruttamento dei propri giacimenti di idrocarburi, rafforzando la diplomazia energetica, soprattutto nell’area del vicinato.
L’alleanza del Mediterraneo orientale – la formula politica per racchiudere gli ormai coincidenti di Tel Aviv, Nicosia e Atene, nata proprio sotto l’impulso del premier israeliano Netanyahu – si è rafforzata dopo l’ultimo vertice tenutosi la scorsa settimana nel porto greco di Salonicco, un logo simbolo visto che sempre lì si è tenuta un anno fa circa la cerimonia di avvio dei lavori del Tap, il gasdotto sul quale punta anche l’Italia.
I tre Paesi che si affacciano sul bacino levantino puntano tutto sul progetto dell’East Med, un tubo che dovrà collegare i giacimenti offshore dell’area (quelli israeliani di Tamar e Leviatano, insieme a quelli ciprioti di Afrodite) con l’Europa. “Abbiamo concordato di accelerare le nostre azioni comuni per quanto riguarda il nostro accordo sulla costruzione di un grande progetto che offrirà nuove prospettive per la cooperazione economica nel Mediterraneo orientale”, ha dichiarato il premier greco Alexis Tsipras.
Anche il presidente cipriota Anastasiades e Netanyahu si sono detti favorevoli a proseguire nella realizzazione di questo progetto.”Certamente l’idea del gasdotto East-Med sarebbe una rivoluzione – ha dichiarato Netanyahu -. Abbiamo condotto uno studio preliminare su tale progetto. Sembra promettente e stiamo pensando di andare avanti”.
Grecia, Cipro e Israele puntano anche alla realizzazione di un altro progetto, quello per l’interconnettore elettrico bidirezionale EuroAsia che servirà a collegare Israele alla regione greca dell’Attica, attraverso Creta e Cipro. Dopo la sconfitta geopolitica subita con la scoperta del giacimento egiziano di Zohr, un fallimento anche d’intelligence economica, come hanno dichiarato gli stessi vertici israeliani, oggi Tel Aviv ha ripreso i propri piani con vigore. Il pivot di questa nuova fase è il ministro dell’energia del governo Netanyahu, Yuval Steinitz.
In un recente incontro con la stampa italiana avvenuto a Gerusalemme, il ministro ha fatto il punto sulle risorse del giacimento principale, quello di Leviatano, che dovrebbe attestarsi sui 350 miliardi di metri cubi di gas, una volta a regime. Una quantità importante che renderebbe Israele uno dei principali player della zona. Nei fatti già lo è visto che ha raggiunto un importante accordo per l’export con la Giordania e le trattative con lo stesso Egitto per avviare sinergie energetiche non sono state mai interrotte.
Un protagonismo che però non sembra essere visto di buon occhio soprattutto dall’Arabia Saudita che, proprio in questi giorni, ha finalizzato un accordo sulla demarcazione dei confini marittimi tra Egitto e Arabia Saudita che di fatto apre la strada alle attività di esplorazione d’idrocarburi nel Mar Rosso. “Prima dell’accordo, non potevamo cercare petrolio e gas nel Mar Rosso tranne nell’area del Golfo di Suez, ma ora possiamo”, ha commentato con enfasi il ministro del petrolio egiziano, Tarek El Molla. Insomma, sul versante energetico lo scacchiere del Mediterraneo orientale si conferma quello maggiormente in fermento.