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Cosa sapeva Obama dell’interferenza russa alle presidenziali

Il Washington Post ha un altro scoop potenzialmente da Pulitzer, che fa da corroborante e catalizzatore per il Russiagate: l’amministrazione Obama già ad agosto del 2016 sapeva che la Russia stava tramando per interferire nelle elezioni che si sarebbero tenute tre mesi dopo.

Fu un uomo della Cia a consegnare nello Studio Ovale un dossier super riservato che portava la firma dell’allora direttore, John Brennan – “eyes only” la sigla sul fascicolo, per indicare che si poteva solo vedere, niente copie, doveva tornare a Lnagley appena subito la lettura, e gli occhi sopra ce li poteva mettere solo una ristrettissima cerchia anche tra coloro con il nulla osta di sicurezza: il presidente e tre dei suoi collaboratori più stretti. Dentro c’erano raccolte le prove dei cyber attacchi condotti contro i democratici, che per l’intelligence era un tentativo evidente di screditare Hillary Clinton e favorire il repubblicano Donald Trump. Nell’analisi della Cia non c’era solo questo, secondo le fonti del WaPo: il rapporto conteneva anche la ricostruzione del diretto coinvolgimento del presidente Vladimir Putin dietro al complotto per danneggiare Clinton.

Una bomba micidiale che Brennan scelse di tenere addirittura fuori dai brieging giornalieri con il presidente, perché preferiva trattarla in modo ancora più riservato. Dice Trump in un tweet di replica: perché se Obama sapeva con buon anticipo che la Russia stava tramando per interferire nelle elezioni dell’8 novembre, non ha fatto niente per intervenire (la domanda è legittima, ma sullo sfondo si legge un’evocazione a cospirazioni interne spesso tirate in ballo da DT, perché piacciono tanto a lui quanto ai suoi elettori).

La risposta è anche questa contenuta nell’articolo: Barack Obama alzò il livello di guardia, iniziò a fare verifiche più accurate sui sistemi informatici per il voto (che furono attaccati sempre dai russi, secondo un’indagine più recente dell’Nsa), mise una squadra dei servizi segreti dietro al dossier. Pensò anche a una reazione: contrattaccare Mosca con armi cyber che avrebbero dovuto colpire sistemi infrastrutturali russi. Ma, sebbene l’interferenza era palesemente “un destabilizzante attacco contro la democrazia americana, senza precedenti e largamente riuscito” che rappresenta ad oggi “il crimine politico del secolo”, BO decise di tenere una linea understatement seguendo una posizione: ‘Evitiamo che le cose peggiorino’ era il mantra.

Per quanto noto Obama scelse la strategia di far passare la questione sotto traccia perché temeva che azioni esplicite potessero portarsi dietro una rappresaglia russa o creare tensione sul voto. In particolare la paura del presidente era di apparire troppo sbilanciato verso Clinton (compagna di partito, ex segretario di Stato nella sua amministrazione, continuità naturale con la sua presidenza), ed essere accusato di alzare l’attenzione sull’interferenza russa per screditare a sua volta Trum p. D’altronde, la campagna elettorale aveva già un destino scritto: i sondaggi davano tutti, nessuno escluso, per vincente Clinton. E dunque la rivelazione delle operazioni russe avrebbe potuto fare da rafforzativo da tirar fuori dopo la vittoria – qualcosa tipo ‘Clinton ha vinto nonostante…’ .

Alla fine, a dicembre, quando la vittoria di Trump era ancora fresca, l’amministrazione Obama ordinò delle misure punitive nei confronti di alcune strutture del sistema-esteri russo negli Stati Uniti. Ordinò l’espulsione di 35 diplomatici russi; su di loro, ai tempi, si diceva che con ogni probabilità non fossero proprio del team diplomatico di Mosca, ma piuttosto uomini dei servizi. Sequestrò due compound che i russi utilizzavano sul suolo americano come basi per comunicazioni sicure; anche queste due ville, in Maryland e a New York erano probabilmente più ad usufrutto dell’intelligence che dell’ambasciata (nota: Trump pare stia cercando di ridarle alla Russia, anche per sbloccare una misura a specchio presa da Mosca sui terreni in cui dovrà erigersi il consolato americano di San Pietroburgo). Alzò sanzioni mirate contro personaggi e contro settori operativi del Gru, il servizio segreto militare, e dell’Fsb, l’ex Kgb, che secondo l’Intelligence Community americana erano stati materialmente dietro alle ingerenze russe nelle presidenziali.


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