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Perché preoccupa la sentenza della Corte europea su giornalisti e segreto istruttorio

Che i giornalisti pensino di avere sempre ragione è noto, che tutti diano sempre colpa ai giornalisti per i mali del mondo è altrettanto noto, che poi i giornalisti facciano il loro mestiere diventa secondario. Comunque la si veda, è preoccupante la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha considerato giusta la multa di circa 3.850 euro inflitta dai tribunali svizzeri a un giornalista per un articolo pubblicato su Le Point che conteneva notizie coperte da segreto istruttorio. Il punto centrale della sentenza della Cedu è che condannare i giornalisti che violano il segreto istruttorio non rappresenta una violazione del diritto alla libertà di stampa.

La Corte ritiene che il rispetto del segreto istruttorio non protegga solo le persone coinvolte nell’inchiesta penale perché garantisce il buon funzionamento della giustizia, oltre al diritto dell’accusato a un equo processo e i diritti del ricorrente e delle presunte vittime al rispetto della loro vita privata. La libertà di stampa e il diritto-dovere di informare il pubblico non sono una buona ragione per violare il segreto.

Se ci saranno processi in Italia in cui chi si ritiene danneggiato da una fuga di notizie citerà questa sentenza ne vedremo delle belle. Sanno tutti, infatti, che un giornalista non citerà mai una sua fonte e che si contano sulle dita di una mano negli ultimi decenni i casi in cui, per qualche motivo, chi ha fornito notizie coperte da segreto istruttorio sia stato scoperto. E’ giusto ricordare che sono infiniti i casi in cui le notizie sono state fornite da procure o polizia giudiziaria ai giornali, o solo ad alcuni giornali, con tempismo e per motivi sospetti ed è altrettanto giusto sottolineare che in quei casi i giornalisti hanno usato sempre l’alibi di fare il proprio dovere: essendo venuti in possesso di notizie vere (ancorché riservate), le hanno pubblicate.

Il giornalista pubblicherà sempre notizie vere, tranne nei casi in cui per esempio possano esserci conseguenze per la sicurezza nazionale: perfino la voglia di scoop può avere qualche limite. La sentenza della Cedu fornisce un’interpretazione che va oltre la punibilità per la pubblicazione di atti che per definizione dovrebbero restare riservati, ma, proprio perché a quanto pare non si troverà un accordo su che cosa sia la libertà di stampa, la soluzione sarà solo una: i giornalisti continueranno a cercare notizie e, se violeranno il segreto istruttorio, ne prenderanno atto. Così come gli editori prenderanno atto (si spera) di dover pagare delle multe.

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