Il futuro di Bpvi e Veneto Banca potrebbe dipendere dalle scelte che nei prossimi giorni faranno i vertici di Intesa Sanpaolo. Dopo i ripetuti rifiuti degli istituti medio-grandi e il silenzioso passo indietro di Unicredit, la Ca’ de Sass è rimasta uno dei pochi soggetti che potrebbero farsi carico delle due ex popolari del Nord Est.
LA TEMPISTICA
A cavallo del fine settimana il governo ha infatti impresso una decisa accelerazione al dossier con l’obiettivo di arrivare a una soluzione entro la scadenza prefissata di fine giugno. Il piano emerso, nelle sue linee generali prevederebbe, attraverso una sorta di risoluzione soft, la separazione degli attivi performing da quelli non performing e la creazione di una bad bank in cui sarebbero stoccati i secondi. L’advisor Rothschild potrebbe poi mettere sul mercato le good bank e le società controllate con l’obiettivo di individuare compratori in tempi brevi.
LO SPEZZATINO
Se lo spezzatino è insomma la soluzione più probabile, le attività bancarie in senso stretto potrebbero essere assegnate a un unico soggetto e il nome di Intesa è il primo della lista. Il gruppo guidato da Carlo Messina (che un paio di settimane fa aveva risposto alla chiamata del governo per una soluzione di sistema) non avrebbe preclusioni sul dossier di cui più di un analista riconosce la valenza industriale. Ciò non toglie che sul tavolo ci siano già paletti precisi: se deal ci sarà, non si tratterà di una versione italiana del salvataggio del Banco Popular da parte del Santander.
LE MIRE
Intesa, infatti, non prenderà in considerazione iniziative che possano pregiudicare il flusso cedolare e i livelli di patrimonializzazione della banca. Detto altrimenti, l’operazione non dovrà contemplare un aumento di capitale come quello messo in programma dal Santander dopo l’acquisizione del Banco Popular. Non a caso Intesa si era detta disponibile a versare solo una quota degli 1,25 miliardi di capitali privati richiesti da DgComp, rifiutando qualsiasi coinvolgimento unilaterale.
IL PIANO
Il piano finanziario allo studio del governo potrebbe però adattarsi a questi paletti. Soprattutto perché la creazione della bad bank (una soluzione a suo tempo caldeggiata dal presidente di Bpvi, Gianni Mion, e dall’ex consigliere Marco Bolgiani, prima che prendesse quota il progetto Tiepolo 2.0, cioè la fusione delle due banche) consentirebbe di ripulire completamente gli attivi delle good bank e di evitare al compratore pesanti svalutazioni.
LE DOMANDE
Chi pagherebbe il costo di una soluzione di questo genere? Secondo ricostruzioni la procedura individuata dal governo prevederebbe il richiamo di un paio di rate del fondo di risoluzione, anche se l’ipotesi non trova ancora conferme.
LO STATO
Di certo un percorso di questo genere potrebbe supplire all’intervento che lo Stato avrebbe messo in atto attraverso una ricapitalizzazione precauzionale. Sul dossier è al lavoro la politica europea: «La Commissione, il Meccanismo di Vigilanza Unico e le autorità italiane stanno lavorando fianco a fianco. Sono in corso contatti costruttivi per raggiungere una soluzione praticabile in linea con le regole della Ue. Si stanno facendo buoni progressi a questo riguardo», ha spiegato Bruxelles in una nota diffusa ieri.
LO SCENARIO
Tornando a Intesa, un’eventuale acquisizione potrebbe porre qualche questione di Antitrust, anche alla luce della forte posizione del gruppo Intesa Sanpaolo in Veneto. Sembra al momento escluso, però, che la Ca’ de Sass possa comprare solo una delle due banche. In ogni caso la partita (che i vertici di Intesa potrebbero esaminare in un vertice previsto per domani) non sembra ancora prossima alla conclusione. Anche perché il decreto fatto venerdì 16 dal governo per il bond subordinato di Veneto Banca ha di fatto permesso di guadagnare tempo prezioso. Quel che è certo è che il piano allo studio metterà da parte in maniera definitiva la fusione tra le due banche prevista dall’attuale piano industriale. Per martedì 27 intanto è prevista la convocazione di un cda di Bpvi.
(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza)