Il Qatar ha ricevuto dal Kuwait, che sta svolgendo il ruolo di mediatore nella crisi tra Doha e gli altri Paesi arabi, una lista di 13 condizioni cui sottostare affinché si ripristinino le normali relazioni diplomatiche. La lista, di cui l’Associated Press ha ottenuto una copia, contiene una serie di richieste che corrispondono ad una capitolazione, e chiariscono la vera natura della crisi. Se ufficialmente essa è sorta perché il Qatar sosterrebbe gruppi terroristici, in realtà il nocciolo della questione è la volontà dei Paesi del Golfo e dell’Egitto di piegare il Qatar e la sua politica estera indipendente, che spesso e volentieri contraddice le direttive di Paesi come l’Arabia Saudita, non a caso leader del gruppo dei boicottatori.
Il catalogo comincia con la pretesa più pesante di tutte: chiudere l’emittente satellitare al Jazeera e tutti i canali affiliati, compreso evidentemente quello in lingua inglese. Richiesta al limite dell’impossibile, non solo perché al Jazeera è una televisione ad alto gradimento nel mondo arabo, ma perché essa è nata per proiettare il soft power del Qatar tra i vicini e nel resto del pianeta. Ma per l’Arabia Saudita e per gli altri paesi coinvolti nella crisi, al Jazeera non sarebbe altro che il megafono dei Fratelli Musulmani, che tutti considerano un letale avversario politico che aspira a rovesciare i loro governi.
La rivalità tra i paesi del Golfo e la Fratellanza è un classico delle dinamiche politiche arabe, ed ha avuto il suo climax al tempo delle primavere arabe, quando il Qatar – grazie anche ad una benevola copertura da parte di al Jazeera – ha cercato di favorire la presa del potere da parte dei Fratelli musulmani nei paesi interessati dagli sconvolgimenti del 2011. Il Qatar dovrebbe poi cessare il sostegno alle formazioni che rientrano nella lista delle entità terroristiche degli Stati Uniti, quindi lo Stato islamico, al Qaida, l‘affiliata siriana Jabath Fatah al Sham, Hezbollah ed Hamas, alcuni cui esponenti risiedono proprio nel paese.
L’elenco prosegue con la richiesta di smettere di naturalizzare i cittadini dei paesi che hanno stilato la lista, di consegnare tutti i residenti di quei paesi che siano sospettati di attività terroristiche e di fornire l’elenco delle personalità di opposizione ai governi arabi che il Qatar ha sostenuto o continua a sostenere. Altra condizione è di espellere i militari turchi insediati in Qatar a seguito degli accordi con Ankara, che peraltro prevedono un forte incremento di questa presenza nel prossimo futuro. La Turchia, non dimentichiamolo, è un altro Paese che nutre relazioni benevole con i Fratelli musulmani, al punto che il governo di Erdogan ne è considerato una sorta di prototipo.
Infine, il punto più delicato del catalogo riguarda i rapporti tra il Qatar e l’Iran. I due paesi non solo hanno una serie di interessi comuni, tra cui lo sfruttamento congiunto degli immensi giacimenti di gas presenti nel Golfo Persico, ma nutrono relazioni amichevoli che hanno persistentemente irritato i Paesi del Golfo. Di qui la richiesta di ritirare tutto il personale diplomatico presente a Teheran, e di limitare gli scambi commerciali ai beni non compresi nelle sanzioni elevate al tempo dell’embargo scattato a causa del programma nucleare iraniano che non sono ancora state ritirate.
Come risponderà il Qatar a questo ultimatum, che scadrà nell’arco di dieci giorni? Doha aveva già fatto sapere che non intende sottostare ad alcuna condizione finché non cadrà il boicottaggio in atto nei suoi confronti. Ed appare improbabile che essa accetti tutte le onerose condizioni imposte. Sembra plausibile invece che a questo punto scatterà la mediazione americana, peraltro già in corso per il tramite del Segretario di Stato Rex Tillerson, che nei giorni scorsi aveva sì chiesto al Qatar di venire incontro ai desiderata dei paesi arabi, precisando però che dovessero essere ragionevoli. E poiché il Qatar ospita la principale base americana della regione, quella da cui partono i raid contro lo Stato islamico, non è escluso che gli Stati Uniti si adopereranno per rendere più dolce la pillola che il Qatar dovrà ingoiare.