“Qui a Doha vediamo la crescita evidente di segnali di supporto alla leadership: bandiere e soprattutto magliette, cartelloni, stickers sulle auto con la silhouette dell’Emiro”, spiega una fonte che Formiche.net contattata grazie a James Hansen. La fonte, un italiano che da tempo vive nel Qatar per affari, preferisce l’anonimato.
LA REAZIONE INTERNA
È la reazione interna alla crisi che si è creata due settimane fa tra l’emirato e alcuni paesi del Golfo, guidati da Arabia Saudita ed Emirati Arabi, che hanno imposta a Doha un duro blocco diplomatico, interrotto i collegamenti e isolato il Paese, reo, secondo le accuse formali, di essere un finanziatore dei gruppi terroristici. In realtà, come hanno già sottolineato diversi analisti, la situazione è più complessa, e si porta dietro competizioni regionali createsi da quando il Qatar ha assunto una dimensione propria, che trovano sfogo in questo momento anche a seguito della copertura fornita dal presidente americano Donald Trump ai sauditi. Nonostante questo, comunque, l’amministrazione americana continua a cercare contatti diplomatici tra Doha e Riad, e ha dato il via libera per la vendita di una corposa commessa militare da 12 miliardi di dollari.
GLI AIUTI ESTERNI
“Comunque vada la crisi, l’Emiro ne risulterà rinforzato e con maggiore credibilità dopo la discussa presa di potere del 2013”, spiega il contatto che parla via mail dal Qatar. “Ha colpito molto, tranquillizzato, ‘fidelizzato’ direi, le masse di workers, la velocissima riconfigurazione dei flussi logistici, soprattuto alimentari” aggiunge: “Gli scaffali sono pieni di ogni prodotto, con la Turchia che ha sostituito KSA [l’Arabia Saudita] e un aumento di generi dall’Iran, soprattutto frutta e verdura”.
GLI ATTORI INTERESSATI
Su certi aspetti è necessario passare in rassegna l’azione di questi altri due attori esterni, l’Iran e la Turchia, che approfittano entrambi della crisi in corso per allargare il proprio ruolo nella regione.
IL GIOCO DELL’IRAN
Teheran ha inviato centinaia di tonnellate di prodotti alimentari tramite i voli della compagnia di bandiera Iran Air. Il Qatar ha necessari rapporti cordiali con l’Iran per via della condivisione dell’enorme giacimento di gas naturale South Pars – cordialità non troppo apprezzata dagli altri paesi sunniti del Golfo, per primi sauditi ed emiratini, che vedono nella Repubblica islamica sciita un elemento di contrasto non solo ideologico, ma soprattutto geopolitico. L’interessamento iraniano è un tentativo di avvicinarsi a Doha e spaccare definitivamente il fronte avversario.
IL RUOLO DELLA TURCHIA
Ankara ha invece offerto il proprio sostegno militare – sebbene difficilmente lo scontro raggiungere questa dimensione, anche perché il Qatar ospita la più grande base americane del Medio Oriente. Turchi e qatarioti sono stati spesso allineati su questioni internazionali: per esempio le divisioni in Libia, entrambi sostenitori delle istanze tripoline; oppure sul sostegno alle opposizioni armate siriane. Entrambi i paesi hanno collegamenti con la Fratellanza musulmana, che fa da base ideologica all’Islam politico dell’Akp, il partito creato dal presidente Rece Tayyp Erdogan – Erdogan ha definito la decisione di isolare il Qatar “né umana, né islamica”. Vale la pena notare che quando il presidente fu attaccato dal golpe nel luglio scorso, una forza di intervento rapido di forze speciali qatarine si recò in Turchia per garantire la sicurezza, richiesta del governo turco davanti alla possibilità che l’esercito fosse infestato dai golpisti.
IL RAFFORZAMENTO DI DOHA
“S’è creato anche un ponte aereo di 4000 mucche dall’Australia, che entro luglio copriranno circa il 40 per cento del fabbisogno locale” ha aggiunto la fonte da Doha. Le mucche, di razza frisona, spiega, sono importate dalla Power International Holding tramite voli (una sessantina) della Qatar Airways, ma potrebbero anche sfruttare passaggi marittimi dall’Oman. “Alla fine con questa crisi il Paese potrebbe ritrovarsi più coeso e indipendente dai suoi fratelli, ‘fratelli coltelli come diciamo in Italia’, di prima”.