(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)
Meglio tardi che mai. Ce ne hanno messo di tempo ma anche i giornaloni, dove cronache e retroscena sono tali e tanti da potersi sovrapporre e contrapporre senza che nessun direttore o editore se ne accorga, o finge di non accorgersi, avvertendo solo che diminuiscono le vendite nelle edicole e addebitandone la colpa solo al destino cinico e baro della carta stampata; anche i giornaloni, dicevo, si sono accorti che Paolo Gentiloni non ha nulla da ridire sulle elezioni anticipate. E’ pronto cioè a staccarsi la spina da solo.
E’ finita insomma la leggenda del presidente del Consiglio deciso a resistere, resistere, resistere -tre volte, alla maniera di Francesco Saverio Borelli negli anni di Silvio Berlusconi al governo- contro l’incontenibile risegretario del Pd Matteo Renzi, anche a costo di sfidarlo a sfiduciarlo in una delle due assemblee parlamentari, a scelta. Ma a farlo sfiduciare direttamente dai deputati o dai senatori del suo partito, essendo fallito il tentativo furbesco di farlo cadere per mano del Nuovo Centro Destra, ora Alternativa Popolare, del ministro degli Esteri, ed ex ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Il quale, offeso dal modo obiettivamente troppo sfottente con cui Renzi ha liquidato la sua richiesta di abbassare la soglia “tedesca” per lui letale del 5 per cento in arrivo con la nuova, ennesima riforma elettorale, ha deciso per ritorsione di alimentare la rappresentazione della fallita congiura antigovernativa dell’ex presidente del Consiglio. Di cui è nota la smania di riprendersi dopo le elezioni anticipate anche Palazzo Chigi, non bastandogli, né avanzandogli, il vicinissimo Nazareno, neppure quello degli rispolverati incontri con Berlusconi.
Gentiloni, che sarà buono, calmo, nobile di nome e di fatto ma non sprovveduto, sa bene quanto pelosi siano stati e siano gli elogi e gli incoraggiamenti riservatigli dagli avversari di Renzi. I quali si aspetterebbero da lui non il coraggio ma la temerarietà di una resistenza tanto inutile quanto dannosa per il suo futuro politico e- per inciso- anche per il Paese. Che allo stato attuale delle cose, con un Parlamento comunque in scadenza, e la guerra civile a sinistra per niente conclusa, non avrebbe un briciolo di potere contrattuale con la commissione europea di Bruxelles sulla legge finanziaria del 2018. Essa pertanto dovrebbe essere adottata nella versione di lacrime e sangue che metterebbe in ginocchio nella campagna elettorale a scadenza ordinaria il Pd e il governo insieme, a tutto beneficio del concorrente ormai più diretto e vicino che è diventato il movimento delle 5 stelle, ora a doppia conduzione: comica-ayatollesca, con Grillo che continua a divertire i suoi, pur sculacciandoli ogni tanto, e Piercamillo Davigo che terrorizza gli avversari sino a procurarne la resa.
Cà nisciuno è fesso, si è deciso a gridare o a far capire e sapere il conte Gentiloni Silveri, pur di origini marchigiane.