Il voto di Verona è sorprendente. A parte i rapporti privati, vanno al ballottaggio la candidata sostenuta dall’ex sindaco Flavio Tosi (già leghista dissidente) e quello della coalizione di centro destra a forte trazione leghista. Il Veneto è proprio un altro mondo.
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Con la consueta lucidità, nell’intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, Giuliano Amato sostiene, citando Yves Mény, che la maggior efficacia dei movimenti populisti sta nell’aver infiltrato con i loro temi anche il discorso dei partiti di governo. “Lo prova – aggiunge Amato – il passaggio da quella che era la correttezza politica a slogan qualche anno fa non pronunciabili da parte di esponenti dei partiti maggiori”. A Cazzullo che gli domanda se si riferisca a Matteo Renzi, Amato si ritrae ricordando di essere un giudice costituzionale costretto al riserbo sulla politica italiana. Noi, però, abbiamo compreso ugualmente.
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Domani saranno presentati in pompa magna alla Camera i “Diari dal 1988 al 1994” di Bruno Trentin (a cura di Iginio Ariemma per l’Ediesse). Si tratta dei sei anni in cui Trentin venne chiamato al vertice della Cgil al posto di Antonio Pizzinato, la cui direzione era risultata assai inadeguata. Il libro farà discutere, come è già avvenuto con le prime anticipazioni, per il profilo inedito di un leader a confronto con se stesso e per i giudizi che egli esprimeva sulla situazione politica e sindacale e sulle persone con le quali era tenuto a collaborare. Chi scrive ha provato (e conserva) sentimenti di stima ed affetto per Bruno Trentin che rasentano la venerazione. Ho, tuttavia, parecchi dubbi sull’opportunità di diffondere questo materiale a dieci anni dalla morte e a più di venti dal contesto di avvenimenti per ricordarsi dei quali occorre essere anziani. Ma non sta a me giudicare la scelta di Marcelle (Marie) Padovani, moglie ed esecutore testamentario di Bruno. Ed è proprio Marie a ricordare – come ha scritto Michele Magno su Il Foglio – che quelli furono gli anni più tesi e più aspri della sua vita, nei quali “avvertiva acutamente la propria solitudine; una solitudine attraversata da una triplice crisi: politica (all’interno e all’esterno del sindacato), esistenziale (con depressioni ricorrenti) e crisi nei nostri rapporti (che per fortuna si risolverà positivamente)”. Ecco allora la domanda. Se il Bruno Trentin che traspare dai “Diari” è innanzi tutto una persona che attraversava una fase di difficoltà personale che senso ha trasformare (o almeno correre il rischio di farlo) una vicenda intima in un caso politico, per di più tanti anni dopo? In sostanza, si può comprendere che Bruno abbia vissuto con particolare disagio certi eventi (in particolare l’accordo dei 31 luglio 1992 con il Governo Amato). È invece opinabile che vi fosse un’alternativa realistica e possibile rispetto alla soluzione che emerse in quel difficile negoziato (quando venne abolita la “scala mobile”). Ecco perché non sarebbe corretto – da parte di qualsiasi nostalgico del “bel tempo che fu” – avvalersi oggi del giudizio postumo di Trentin per riesumare quel passaggio stretto nella storia del sindacato.