Digitalizzare il Paese – le persone, le aziende, la pubblica amministrazione – è la base di partenza per un’economia che vuole essere competitiva e per una società che vuole dare più opportunità ai suoi cittadini. In questo percorso, a che punto è l’Italia, spesso bollata come fanalino di coda dell’Europa? “L’Italia si è dotata per la prima volta col governo Renzi di un piano nazionale per la banda ultra-larga: stiamo portando la connettività veloce in tutto il paese creando il pre-requisito per il lancio di servizi di nuova generazione e la digitalizzazione della Pubblica amministrazione”, ha risposto Antonello Giacomelli, sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, intervenendo al dibattito “The State of Digital. A che punto siamo in Italia e in Europa?” svoltosi ieri al Centro studi americani (Csa). Per la strategia digitale, l’Italia conta su una squadra in cui gioca “un fuoriclasse”, ha aggiunto Giacomelli indicando Diego Piacentini, commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale (nella foto), che ha partecipato all’incontro insieme con Roberto Viola, Direttore Generale per Comunicazione Digitale e Tecnologie presso la Commissione Europea, e Cosimo Comella, docente di informatica giuridica presso l’università Luiss Guido Carli (il dibattito, introdotto da Paolo Messa, direttore del Csa, e moderato da Paola Severini Melograni, direttore di Angelipress.com, sarà in podcast su GrParl).
PIACENTINI: “NON CI ACCONTENTIAMO DEI POWER POINT”
In dieci mesi di vita, il team per la trasformazione digitale capitanato da Piacentini (“un team di esperti di tecnologie, non avvocati”, ha precisato il top manager di Amazon) ha lavorato sul sistema operativo per il sistema-paese e messo a punto un piano triennale, già approvato dal Consiglio dei Ministri. E’ un piano “strategico” e “dinamico”: si aggiorna ogni anno, visti i tempi rapidi con cui cambia la tecnologia. Su questo punto Piacentini è stato chiaro: le norme non possono imporre un software ma si devono limitare a fornire linee guida. Le regole italiane che hanno descritto per filo e per segno le architetture da implementare sono diventate presto un freno all’innovazione: mentre si approva la legge e si compie l’implementazione, la tecnologia è diventata vecchia. “Questo sistema va smantellato”, ha affermato Piacentini.
Il piano triennale si articola in tre punti – infrastrutture materiali, immateriali e piattaforme abilitanti – ma è sulle piattaforme (che includono la fatturazione elettronica, PagoPa, il sistema pubblico per l’identità digitale SPID) che l’Italia deve fare il salto e accelerare. “Su PowerPoint è tutto pronto, ma la trasformazione digitale non avviene quando il prodotto c’è ma quando il prodotto è usato”, ha chiarito Piacentini: “E lo devono usare tutti”.
VIOLA: “DALLA QUANTISTICA AL GRAFENE L’EUROPA DIGITALE NON SI FERMA”
L’Italia non può dunque riposare sugli allori – soddisfatta magari del successo nella fatturazione elettronica. A ricordare gli appuntamenti con gli adempimenti normativi comunitari è intervenuto Roberto Viola: sulla carta di identità elettronica l’Italia si deve far trovare pronta, perché il primo gennaio 2018 scatta l’obbligo di implementazione. L’Europa digitale infatti non ha alcuna intenzione di fermarsi e Viola ne ha ricordato i più recenti traguardi: l’abolizione delle tariffe del roaming (l’Ue è la prima macro-regione a adottare un provvedimento del genere), la net neutrality che evita il blocco di app sui cellulari, la rimozione del geo-blocking, che permetterà dal 2018 a tutti i cittadini Ue di accedere a contenuti e shopping online senza differenze tra un Paese e l’altro. Insomma niente barriere digitali, perché questo è il modo di rendere l’Europa competitiva, non solo dal punto di vista dei consumatori ma anche dell’industria, ha tenuto a precisare Viola. Gli ambiti in cui l’Ue vuole prendersi una leadership sono tanti, dall’auto autonoma alla sanità digitale all’e-government. In tre macro-aree sono state lanciate anche delle iniziative specifiche: la tecnologia quantistica di seconda generazione (che permette di realizzare dispositivi ottici e elettromeccanici dalle prestazioni enormemente migliori degli attuali), la mappatura del cervello umano (sia per elaborare sistemi di intelligenza artificiale più avanzati sia per studiare e possibilmente aiutare a curare alcune malattie) e i nuovi materiali come il grafene, resistente, flessibile e grande conduttore elettrico.
COMELLA: “SERVE UN PIANO MARSHALL DEL DIGITALE”
Anche Diego Piacentini si è proiettato verso il futuro. Fatte le infrastrutture e le piattaforme, l’Italia dovrà andare verso la formazione di ecosistemi, grazie anche al paradigma dell’open innovation. Le tecnologie sono infatti abilitatori, ma non bastano da sole per fare l’Italia digitale. Lo ha ribadito il prof. Cosimo Comella, ricordando che l’informatica non si ferma ai computer e che “gli strumenti servono ma non bisogna fermarsi lì”. La carta di identità elettronica è un caso di implementazione rimasta a metà: “se ne parla dal 1999 ma non siamo mai riusciti a convincere gli utenti della bontà e utilità del sistema”, ha dichiarato Comella. “Cambiare i processi nella Pa è il vero fattore di efficienza. La trasformazione del back office è ancora più importante della trasformazione del front office. Per esempio, nella Pa americana spesso si interagisce con l’utente via fax, un sistema che potremmo considerare obsoleto. Ma gli uffici pubblici negli Usa rispondono e risolvono nel giro di pochi giorni. In Italia invece succede che spesso l’interfaccia è moderna – l’email, il sito web, la app – ma la risposta non arriva”. Completare l’opera di digitalizzazione di processi e persone in Italia richiederà molto più di tre anni o, nelle parole di Comella: “Ci servirà un Piano Marshall della digitalizzazione”.
MARCO ALBERTI: “IL KNOW-HOW DI ENEL AL SERVIZIO DEL PAESE”
Sull’innovazione italiana è intervenuto anche Marco Alberti, Head of International Institutional Affairs di Enel: “La competizione oggi non si fa più tra aziende o tra prodotti, ma tra ecosistemi”, ha detto Alberti, “e l’interscambio tra player sulla base di sistemi aperti è fondamentale per il progresso tecnologico”. Enel nel piano di investimenti 2017-19 ha previsto 4,7 miliardi per la digitalizzazione. Alberti ha definito questo percorso come trasformazione della utility in una “platform company” (che ha permesso al gruppo italiano di aprirsi a nuovi mercati, come l’auto elettrica e le piattaforme vehicle-to-grid) e ha concluso con un messaggio al governo: “Enel è pronta a trasferire il valore del suo know-how a Pubblica amministrazione e imprese italiane”. Viola però ha ammonito i big a non trascurare l’importanza delle start-up: “I grandi devono investire nei cluster e sui giovani, creando un indotto di innovazione. La sfida per l’Italia è innescare un circolo virtuoso tra grandi aziende e start up, stimolare lo sviluppo nei tessuti locali, come stanno cominciando a fare i Digital innovation hubs del Piano Calenda”.
GIACOMELLI: “CI STIAMO COSTRUENDO UN VANTAGGIO. ORA METTIAMOCI IL MADE IN ITALY”
Il percorso verso la digitalizzazione seguito dall’Italia è stato tracciato dal sottosegretario Giacomelli. Il governo Renzi ha detto no al modello seguito prima, in cui gli operatori privati potevano usare finanziamenti a fondo perduto per creare infrastrutture: “Noi abbiamo scelto il modello dell’intervento pubblico diretto: lo Stato mette i soldi e verifica che cosa viene fatto e la rete resta di proprietà di Stato e Regioni”, ha spiegato Giacomelli. “Ed è giusto così, perché la rete è un fattore abilitante che permette agli operatori di competere sui servizi, è la pre-condizione per la digitalizzazione e la competitività del paese”.
Una rete in fibra ottica, in gran parte con tecnologia Ftth (Fiber-to-the-home): “Mentre sui giornali si esaltava il doppino in rame noi abbiamo voluto puntare su una tecnologia a prova di futuro”, ha spiegato Giacomelli. “E mentre ci accusavano di dirigismo noi abbiamo guardato agli obiettivi di connettività dell’Agenda europea 2020“. Obiettivi che l’Italia ha intenzione di raggiungere, anzi di superare. Per questo, mentre prosegue l’infrastrutturazione in fibra per la banda larga fissa, l’Italia si è presa “mezzo minuto di vantaggio” nel 5G (il paradigma della connettività mobile che abiliterà non solo velocità maggiori ma nuovi servizi) lanciando subito le sperimentazioni in cinque città: “Adesso cerchiamo di mantenere questo vantaggio e facciamo in modo che l’Italia non sia solo un mercato per i servizi 5G creati da altri ma che aziende e università italiane si mettano in prima fila per creare servizi 5G Made in Italy”, ha ammonito Giacomelli.
GIACOMELLI: “NON SOLO REGOLE, L’INNOVAZIONE SI FA COL DIALOGO”
E’ un tema caro al sottosegretario alle Comunicazioni: citando il lancio della rete wifi nazionale, Giacomelli ha evidenziato l’occasione per l’Italia (soprattutto per il settore del turismo) di assumere il controllo dei dati delle persone che viaggiano da una regione all’altra: “Finalmente non sono Google, Facebook e simili a controllarli”. Non che l’Italia abbia attriti con gli Over-the-top – anzi: “Tra i paesi europei l’Italia è quello che ha con gli Ott il rapporto migliore“, ha sottolineato Giacomelli: “Gli Ott sono player importanti. Riconosciamo le criticità ma non ci piacciono le soluzioni muscolari, preferiamo il dialogo – anzi , l’accordo tra Google e il Garante privacy italiano ha fatto scuola“. E a proposito di dialogo, guai a chiudere le porte agli alleati americani, ha concluso il sottosegretario: “Nei temi cruciali della governance di Internet, scambio dei dati, sicurezza e net neutrality, il dialogo tra Ue e Usa deve continuare, non vogliamo una spaccatura con l’America né che si crei una contrapposizione tra l’Europa delle regole e l’America dell’innovazione. Al contrario, l’Europa, unita, può diventare una grande protagonista dell’innovazione digitale”.