Il ritorno al proporzionale nuocerà all’Italia? E’ la domanda che sorge leggendo il saggio di padre Francesco Occhetta sul prossimo numero Civiltà cattolica, la rivista dei Gesuiti. Oltre all’analisi del voto, interessanti anche le conclusioni. Per Occhetta “l’inerzia della classe politica obbligherà il Paese a un ritorno al passato, segnato dalla logica delle alleanze di partito e dalle conseguenze che queste hanno causato al sistema”. Civiltà Cattolica si mostra particolarmente preoccupata rispetto al fallimento della trattativa sulla legge elettorale. Una circostanza, che assieme alla frammentazione del centrosinistra, rischia di minare la governabilità e di aggravare le sofferenze del paese. Per questo Occhetta auspica una legge elettorale che“garantisca governabilità, rispetti le minoranze e introduca una soglia di sbarramento che consenta una riduzione dei partiti”.
L’ANALISI DEL VOTO AMMINISTRIVO
“Dall’analisi del voto dell’11 giugno, che hanno coinvolto 1004 Comuni e 9 milioni di elettori, emergono almeno tre dati politici – scrive Occhetta – L’astensione strutturata e crescente, il prevalere, a livello locale, del bipolarismo tra centrodestra e centrosinistra, rispetto alla tripartizione politica nazionale, e la crescente incomunicabilità politica tra centro e periferia”. Il dato più significativo, rispetto alle politiche del 2013 dove si era imposto il tripolarismo (centrosinistra, centrodestra e M5S), è il ritorno al bipolarismo, anche se “servono altre conferme prima di poterlo affermare su scala nazionale”. Lo stesso discorso vale per la sconfitta grillina: le ultime amministrative, soprattutto a Parma e Genova, sono state “un risveglio amaro per il M5S”, che ha pagato pegno per i guai di Roma e Torino ed “è stato sconfitto dalle reti sociali locali”. Ma attenzione: la disfatta del M5S “non indica un ridimensionamento del consenso sul piano nazionale”. Sottolinea invece come si stia caratterizzando un consenso “a ventaglio”, ampio su scala nazionale, limitato su scala locale e “incapace di estendersi nei comuni”, come ha affermato l’Istituto Cattaneo.
TRIPOLARISMO NAZIONALE, BIPOLARISMO LOCALE?
Sull’astensione, arrivata quasi al 40%, Occhetta solleva un dubbio: come è possibile che i partiti tradizionali, i nuovi movimenti e le numerose liste civiche non siano riuscite a coinvolgere una parte così consistente dell’elettorato? Oltre alla crisi conclamata dell’elezione diretta del sindaco, ci troviamo quindi di fronte a una “astensione strutturata, dove sono andati perduti i legami con il territorio”. La vittoria delle amministrative, nel complesso, è da ascrivere al centrodestra, la forza più premiata nei territori (avanzano Lega e Fratelli d’Italia, arretra di poco Forza Italia, sottolinea Occhetta). Il centrosinistra rimane lo schieramento con più elettori perché può contare sul contributo significativo del civismo, “ma tutte le sue anime interne hanno perso consensi”. Occhetta si chiede se all’affermazione del centrodestra siano bastati “programmi chiari e candidati conosciuti”, oppure se il “modello Berlusconi” non si sia rinvigorito dallo scontro fra Renzi e Grillo. “Un dato è certo: il profilo dei nuovi sindaci è moderato, il loro elettorato li ha sostenuti non contro qualcosa, ma in favore di programmi possibili e realizzabili. Lontano dagli estremismi ed eliminando gli estremi, le forze politiche che conquistano il ceto medio sono quelle che vincono le elezioni”.
LO SCENARIO POLITICO NAZIONALE
Sul fronte nazionale, per Occhetta è chiaro che “queste elezioni, con il loro valore politico e simbolico, riaprono i progetti sulle coalizioni. Quegli stessi partiti che si sono mostrati litigiosi sul piano nazionale e alleati in periferia dovrebbero chiarire davanti all’elettorato dove vogliono portare il Paese”. Segue poi l’analisi dei due “poli”, per certi versi complementari: “Il centrodestra è unito, almeno formalmente, ma manca di leader; il centrosinistra, che il leader ce l’ha, manca di unità”. Occhetta da un lato suggerisce che “riaggregare la sinistra appare l’unico orizzonte strategico per il segretario Renzi”, dall’altro si chiede se Berlusconi e Salvini, divisi sull’Europa, potranno costruire una politica comune. Rimane sullo sfondo l’avvertimento: attenzione ad assimilare il risultato delle amministrative alle future politiche. “Quando nel 1975 il Pci vinse nei territori, l’anno dopo la Dc vinse le politiche; quando la sinistra vinse le amministrative nel 1993, Berlusconi la sconfisse nelle politiche del 1994”. Occhetta, però, evidenzia una grande differenza rispetto al passato: oggi “a impedire l’unità nei due principali schieramenti non sono vere divergenze sulla strategia e sulle politiche. A bloccare tutto sono i veti personali. Perciò è urgente una riflessione sul ruolo e sulla funzione dei partiti politici – sempre più rinchiusi a oligopolio e ridotti a comitati elettorali – che vada oltre le figure dei loro leader”.
TRA PROPORZIONALE E MAGGIORITARIO
C’è poi il grande nodo della legge elettorale. Dopo il naufragio, un paio di mesi fa, dell’accordo Pd-M5S sul sistema alla tedesca, i partiti sembrano essersi rassegnati a votare con il Consultellum, di fatto un proporzionale, peraltro molto disomogeneo fra Camera e Senato.
Una prospettiva che per Occhetta non porterà al bene del paese e aprirà la strada a due possibili scenari: un Governo sostenuto da Renzi e Berlusconi o un’alleanza tra Grillo e Salvini. Cioè “una nuova contrapposizione, non più fra destra e sinistra, ma fra europeisti e sovranisti”.
Occhetta avverte: “Votare con il sistema proporzionale disegnato dalla Corte Costituzionale aumenterà gli scontri e le polemiche elettorali, e renderà difficili e poco giustificabili le alleanze post-elettorali”. E infine “sarà difficile riproporre a livello nazionale ciò che già sta funzionando nel governo locale”.
“SERVE UNA NUOVA LEGGE”
Per questo Civiltà Cattolica nell’auspicare che il governo Gentiloni completi la legislatura, suggerisce ai partiti di cercare un nuovo accordo, per “garantire governabilità allo schieramento e al premier che si vota; rispettare le minoranze politiche; introdurre una consistente soglia di sbarramento che favorisca la riduzione dei partiti e dei gruppi parlamentari, che attualmente sono 23”. La rotta da seguire, per Occhetta, la segna la Francia, dove “la forza politica di Macron si fonda su un’infrastruttura costituzionale forte e su un sistema maggioritario con il doppio turno, che esclude le forze estreme antisistema”. Mentre per sanare la disaffezione alla politica dei territori e lo scollamento fra governi locali e politica nazionale il suggerimento è “favorire una maggiore indipendenza delle autonomie”.