Mi è capitato di dire, a proposito del libro di Matteo Renzi uscito questa settimana, anticipato domenica scorsa da nove – nove! – quotidiani italiani, e presentato in una valanga di spazi e frammenti televisivi, che ci troviamo di fronte al remake di un vecchio film di Blasetti del 1953, “Io, io, io e gli altri”. La novità è che stavolta sono spariti gli “altri” ed è rimasto un ego ingombrante.
Ma dimentichiamo Renzi per un momento. La politica è cambiata: siamo in un’era ipermediatizzata. La vecchia politica dei tempi “analogici” consentiva ai leader del passato di attraversare decenni, compiere svolte, muoversi lungo percorsi articolati e complessi. Oggi – e non è necessariamente un bene – siamo in una turbopolitica “digitale” in cui le leadership, anche solo dopo 2-3 anni, si logorano, stancano, stufano…
Per carità, chi ha in sorte dal caso (e dal caos…) l’occasione irripetibile di combattere da leader ha il diritto-dovere di giocare le proprie carte come crede, nel tempo breve di quella corsa. Ma, sicuramente per tutti gli altri e forse anche per i leader, è necessario di tanto in tanto fare un passo indietro, immaginare per sé un ruolo diverso (di elaborazione, di consiglio, di regia), senza ansie da prestazione, senza il bisogno della tv come certificazione della propria esistenza in vita.
Poi le stagioni possono cambiare, e può capitare che in futuro ritorni un momento di forte esposizione. O forse no: dipende dal caso. Ma, per fare qualcosa di utile a se stessi e agli altri (e, per i più cinici, anche per allungarsi la traiettoria politica), forse vale la pena fermarsi, diversificare, ricordare che in un film non c’è solo l’attore principale, ma anche un regista, uno sceneggiatore, un produttore, e che ogni ruolo ha un senso a suo modo decisivo.
Non ho alcuna confidenza con Renzi, né sintonia politica con lui. Ma, se fossi nei panni di un amico sincero, gli direi più o meno questo: “Matteo, hai rotto le p…Elabora il lutto, e renditi conto che la pretesa di recuperare consenso attraverso un uso ossessivo-compulsivo della tua immagine, attraverso una tua continua auto-ostensione, è un’illusione. Peggio: è qualcosa che rischia di farti più male dei tuoi stessi errori politici”.