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Cosa penso del progetto Damiano-Sacconi sulle pensioni

Damiano

Il diavolo e l’acqua santa. Cesare Damiano e Maurizio Sacconi si sono alleati per smantellare un altro pezzo (tra i più importanti) della riforma delle pensioni Monti/Fornero: l’aggancio automatico all’attesa di vita (introdotto dallo stesso Sacconi – d’accordo con Giulio Tremonti – quando era ministro del Lavoro). Ormai la riforma del 2011 è diventata una tigre di cartapesta. Fa venire in mente quei busti di Lenin che le delegazioni dei sindacati sovietici portavano in omaggio ai Congressi della Cgil. Sembravano di marmo. Erano invece di plastica. Chi si accingeva a sollevarli predisponeva i muscoli a sostenere uno sforzo; poi, afferrato l’oggetto, si accorgeva che era leggero come un pitale.

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14 luglio 1789. Raccontano che Luigi XVI, mentre stava coltivando l’hobby di riparare un orologio nella reggia di Versailles,  venne raggiunto da un cortigiano che lo informò dei disordini scoppiati a Parigi nei pressi della Bastiglia. Il sovrano, sorpreso, chiese se fosse in atto una rivolta. “No, Sire – gli rispose il cortigiano – È una rivoluzione”.  In effetti, i due sostantivi hanno un significato molto diverso.

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Il 1789 non fu solo l’anno della Rivoluzione Francese, ma anche quello in cui, dopo la Convenzione di Filadelfia, svoltasi l’anno precedente, entrò in vigore la Costituzione americana: un documento di grande spessore culturale e politico (ispirato ai principi liberali dell’Illuminismo britannico) che poi è servito da modello per diverse costituzioni adottate da altre nazioni.

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Il 14 luglio del 2008, venne arrestato Ottaviano Del Turco, allora Governatore dell’Abruzzo. Sono trascorsi 9 anni, si sono svolti tre processi, un quarto è in corso. Un caso di palese ingiustizia per un innocente  che non è ancora riuscito a vincere la sua battaglia.

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In una società in cui la comunicazione “politicamente corretta” è solo quella intessuta di insulti, grida e schiamazzi plebei, l’uscita dei Diari 1988-1994 di Bruno Trentin hanno attirato la curiosità dei tanti del mondo politico e sindacale che lo hanno conosciuto e lavorato con lui. Essendo corsa la voce che Trentin, quando era solo con se stesso davanti ad una pagina bianca, aveva scritto dei giudizi molto critici (se non addirittura sprezzanti) per tanti suoi contemporanei, vi è stata la corsa ad acquistare il libro per controllare subito che cosa il grande leader pensasse davvero di ciascuno. Un atteggiamento sbagliato, perché i Diari contengono molto di più di qualche sfogo notturno. Io ho lavorato trent’anni con Bruno ed ho avuto per lui quasi una venerazione. Non ho resistito alla tentazione di andare a leggere le considerazioni  che mi riguardavano.  Ho scoperto che sono ben sei i punti del libro nei quali vengo citato: alle pagine 117, 164, 325, 326, 351 e 414. Non me la cavo per niente bene. In prima battuta viene definita “miserabile e insincera” la mia invenzione del “partito radicale di massa quale nuovo pericolo della Cgil” pubblicato dall’Avanti (il quotidiano del Psi) con molto rilievo. In questo caso, sarei stato un esecutore di Ottaviano Del Turco  che fece svolgere un’azione parallela ad alcuni dei suoi “improvvidi fedeli” (come appunto chi scrive). Di seguito, avrei costretto Trentin a spendersi in diverse iniziative di stampa (interviste, articoli, saggi) nei confronti di un mio delirio (???)  che avrebbe reso, in quella occasione, un cattivo servizio ad Ottaviano. Poi vengo definito il “consigliere pazzo” di Del Turco. E successivamente (poco male) “un grafomane”. Di nuovo poi sono associato ad  Ottaviano questa volta però soltanto per dire che ci sarà anche la mia successione in segreteria insieme alla sua (infatti io e Del Turco ce ne andammo insieme nella medesima riunione del Comitato direttivo). Infine, eccomi divenuto “un menestrello folle” che canta a favore di “un’operazione sordida” (l’accordo con il governo Amato, immagino). Che dire? Per me il mito di Bruno Trentin non viene per niente intaccato. Mi dispiace molto  di averlo deluso. Mentre ho apprezzato che – sia pure nelle critiche – mi abbia riconosciuto come il più stretto collaboratore di Ottaviano Del Turco, fino al punto di attribuire all’esecuzione di un suo disegno (ancorchè perverso e miserevole) il miei poveri scritti di allora.


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