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Casse di Cesena, San Miniato e Rimini, ecco cosa succederà tra Cariparma e fondo Atlante

Non siamo ancora al classico punto di non ritorno, ma poco ci manca. Per le casse di risparmio di Cesena, San Miniato (Pistoia) e Rimini sono giorni davvero bollenti, a dispetto della siccità che sta mettendo in ginocchio l’Italia. Il problema è sempre lo stesso, prestiti in sofferenza che nel tempo hanno finito con l’affossarne i bilanci e costretto i manager a invocare un salvatore. Uno ce ne sarebbe, Cariparma, la branch italiana dei francesi di Crèdit Agricole. Ma non sembra così facile.

LA CALATA FRANCESE SULLE TRE CASSE

Cariparma, istituto guidato da Giampiero Maioli, pronto ad accaparrarsi le tre banche in crisi e ha già messo sul piatto 130 milioni. La ragione è industriale, visto che l’operazione farebbe crescere dal 2,8 al 3,8% la quota retail del gruppo francese in Italia. Ma c’è una condizione. Prima bisogna ripulire le tre casse da un bel po’ di sofferenze, che oggi ammontano a circa 3 miliardi di euro. L’offerta per rilevare gli istituti sarebbe dovuta scadere il 30 luglio ma alla fine Cariparma ha concesso una proroga fino a settembre per trovare una soluzione.

TRA ATLANTE E FONDO INTERBANCARIO

Della vicenda delle tra casse si è interessato qualche settimana fa anche lo schema volontario del Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi, il paracadute ausiliario per la risoluzione delle crisi bancarie che peraltro già controlla la Cassa di Cesena. Per dare corso al salvataggio, Cariparma chiede tra le altre cose anche la ripulitura del bilancio da una buona porzione di sofferenze. Dunque, prima fare un po’ di pulizia e poi subentrare e accollarsi le tre banche. Ma è proprio qui il problema. Domanda e offerta non coincidono, anche perchè nella partita, su pressing anche sei sindacati guidati dalla Fabi, dovrebbe far parte anche il famoso Atlante 2, reduce dalla (assai complicata) campagna veneta. Atlante dovrebbe rilevare la tranche mezzanine degli Npl, ma il prezzo proposto sarebbe lontano dalle aspettative del mercato.

L’ALTOLA’ DI CARIPARMA

C’è un altro tassello da aggiungere. Oltre alla pulizia dei bilanci, c’è anche da considerare la ricapitalizzazione delle tre banche, necessaria a rientrare nei requisiti di capitale Ue. In tutto, tra sofferenze e aumenti, servirebbero 300 milioni. Ma Atlante 2 ha in cassa 150 milioni e così facendo rischia di finire le munizioni, mentre i francesi di Cariparma non hanno intenzione di alzare la posta. Rimane il Fondo Interbancario che però non sembra ancora aver sciolto la riserva, non nei tempi e modi auspicati da Cariparma almeno. Di qui la frenata di Maioli. “Ci sono valutazioni in corso ma ancora nessun atto formale, vediamo  cosa succede oggi e nei prossimi giorni”, ha detto sibillino il manager pochi giorni fa, a margine del comitato esecutivo Abi.

LA MOSSA DI CARIPARMA

Domani, come detto, l’istituto guidato da Maioli annuncerà una proroga fino a settembre delle trattative in modo da permettere allo Schema volontario del Fondo di Tutela dei depositi, che ha convocato la propria assemblea per il 7 settembre, di raccogliere le ulteriori risorse, necessarie per completare il lavoro di pulizia delle tre casse, come richiesto dal Crèdit Agricole.

IL PRESSING DELLA FABI

In campo è scesa anche la Fabi, il sindacato dei bancari guidato da Lando Sileoni. “Chiediamo a Bankitalia e soprattutto al Ministero dell’economia di accelerare le procedure per consentire a Cariparma la messa in sicurezza delle casse di Rimini, Cesena e San Miniato al fine di evitare la liquidazione delle tre banche, che produrrebbe un costo per il sistema bancario italiano pari ai 2,5/ 2,7 miliardi di euro” ha ammonito il sindacato. “E di scongiurare un danno alla clientela e ai lavoratori degli istituti interessati. È indispensabile fare presto perché entro il 30 di questo mese bisogna trovare un soluzione che coinvolga tutti gli attori, compreso il fondo Atlante”. Sarà così? Il tempo stringe.

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