Skip to main content

Come abbattere il debito pubblico? Rottamando il Fiscal compact. Parola di M5S

Antonio Guglielmi e Marcello Minenna

Come abbattere il debito pubblico? Rottamando il Fiscal Compact. E’ questa la direzione di marcia del Movimento 5 Stelle, come si è arguito da un seminario al quale hanno partecipato vertici del Movimento fondato da Beppe Grillo e tecnici ritenuti in vario modo vicini alla galassia pentastellata. Ecco tutto i dettagli.

IL SEMINARIO

Dieci anni persi a inseguire il falso mito del rigore, sull’onda della paura del debito pubblico. Quando bastava spingere sull’acceleratore delle crescita e togliere le briglie agli investimenti, invece che dar retta alla Germania e ai suoi sodali, Finlandia in primis. Risultato? Il debito pubblico non solo non è calato, ma è lievitato. Lo dice la Banca d’Italia nel suo ultimo bollettino: 2.260 miliardi di euro. Per il Movimento Cinque Stelle è ora di trovare un’altra strada per intaccare la montagna, soprattutto ora che le elezioni sono all’orizzonte. Ieri grillini hanno riunito alla Camera, ma senza patrocinare l’evento (interamente in inglese) con il loro logo, un piccolo gotha (qui il programma) di economisti, banchieri ed esperti internazionali. Tutti uniti nel dire una cosa: così non si può andare avanti. E con un primo assaggio di squadra grillina, in caso di presa di Palazzo Chigi s’intende.

BASTA COI CALCOLI

Tra i nomi più gettonati presenti al convegno su debito pubblico c’erano Jochen Andritzky, segretario generale del Consiglio di esperti economici della Germania, il banchiere ed economista Rainer Manera, l’editorialista del Financial Times, Wolfgang Munchau, l’analista ed editorialista Guido Salerno Aletta e l’ex assessore al bilancio del Comune di Roma uscito polemicamente dalla giunta Raggi, Marcello Minenna, candidato in pectore al ministero dell’Economia in caso di governo pentastellato, secondo alcuni ambienti grillini, o presidente della Consob, secondo quanto scrive oggi il Fatto Quotidiano. Il punto di partenza è questo: “Uscire dall’ideologia dell’austerity e tornare a crescere, smettendola di fare i calcoli col bilancino”, è il messaggio di fondo dell’iniziativa. Attenzione però, abbandonare la logica del rigore non vuol dire più soldi per tutti. Cioè “non significa tornare a spendere male e scassare ancora di più il bilancio pubblico, ma orientare le risorse su programmi e missioni che siano in grado di rivoluzionare il nostro sistema produttivo, generando così crescita sostenibile” in grado di generare quelle risorse per abbattere lo stock.

SINDROME GIAPPONESE (0 INGLESE)?

Il problema, insomma, non è tanto il fatto che il debito italiano continua a crescere, quanto la sua gestione scriteriata, orfana di una vera politica pro-investimenti. Luigi Di Maio ha parlato del caso giapponese, il Paese con il più alto debito al mondo (al 245% del Pil). Eppure l’economia del Sol Levante è tonica. Ma allora dov’è il problema? “Un Paese come il Giappone”, ha spiegato di Maio, “ha una banca centrale prestatore di ultima istanza assolutamente svincolato e sovrano”. In pratica, dice di Maio, nonostante il debito astronomico, la crescita è garantita dalla banca centrale che quando serve mette denaro nell’economia, senza che qualcuno vada a chiederne conto. “E questo accade anche nel Regno Unito, con la Bank of England“, ha aggiunto il vicepresidente della Camera e candidato premier in pectore del Movimento 5 Stelle.

DISMISSIONI INUTILI

Non c’è dubbio che il debito sarà uno dei temi forti della campagna elettorale. E i grillini lo sanno fin troppo bene. Il convegno è stato anche l’occasione per mettere le mani avanti su certi temi cari ai governi da Monti in poi. Per esempio le dismissioni, che a detta di Di Maio non servono a nulla, o quasi. In altre parole, idea stroncata in caso di governo a Cinque Stelle. “Le dismissioni di asset e società partecipate strategiche non rappresentano la via migliore da perseguire: i benefici sono risibili nell’immediato e successivamente si perdono spesso importanti entrate sottoforma di dividendi. Dal 1992, in un quarto di secolo, lo Stato ha messo sul mercato cespiti per un incasso equivalente a circa 170 miliardi. Eppure, nel frattempo, il debito pubblico nominale è passato dal 105% del Pil di allora al 133% già citato di adesso”.

RICETTA GRILLINA ANTI-DEBITO

Entrando più nel merito dei piani grillini sul debito “la strada migliore per rendere più sostenibile la nostra esposizione appare quella di agire sul denominatore del rapporto debito-Pil, ossia sulla crescita. Le direttrici da perseguire? Rilancio del welfare pubblico, politiche di qualità e sicurezza del lavoro, forme universali di sostegno al reddito (reddito di cittadinanza, ndr) ripensamento del sistema fiscale e investimenti produttivi mirati su missioni precise che favoriscano la conversione del sistema. Bisogna uscire dal dualismo Stato-mercato per pensare a uno Stato che crei il mercato, che potenzi la ricerca di base e spinga pure i privati a investire per generare produttività e valore aggiunto”. Di qui, la necessità di una “discussione profonda in sede europea sulle regole che riguardano il consolidamento dei conti e sui margini di spesa in seno alle stesse regole attuali. Una discussione che si dovrà portare sul tavolo della Commissione Ue e dei partner continentali”.

MINENNA E LA GESTIONE DEL DEBITO

A parlare di mala-gestione dello stock anche Marcello Minenna (nella foto): “C’è indubbiamente un problema di managing nel debito pubblico italiano”, ha spiegato Minenna davanti ai convenuti nell’aula dei Gruppi a Montecitorio. “E’ evidente che tale situazione non può andare avanti”. Per dirla alla Di Maio, il debito è “un mostro, un indomabile drago dalle tre teste. Il debito pubblico appare difficile da mettere sotto controllo. Però c’è una via per renderlo sostenibile, per imbrigliarlo: quel che conta non è tanto il suo valore assoluto, quanto il rapporto con la ricchezza e la crescita. Una vera riconversione economica può condurre a quell’aumento della produttività che è decisivo per migliorare il denominatore e, quindi, per alleggerire il nostro stock”.

FISCAL COMPACT DA RIVEDERE (O ABOLIRE)

Minenna ha poi alzato il livello del discorso, portandolo direttamente a Bruxelles. “Perché non chiedere un’interpretazione autentica del Fiscal Compact alla Corte di Giustizia Ue? Perché non chiedere se sia corretto implementarlo dal punto di vista dell’articolato? Magari la Corte accerta se l’algebra, prociclica, dell’accordo sia in linea con l’accordo stesso e con I Trattati, se ci sono profili di irregolarità”. E ancora: “Gli investimenti vanno tirati fuori dsl calcolo del deficit strutturale del Fiscal Compact e se non si fidano di come investiamo facciamo un comitato europeo che controlli gli investimenti pubblici che stanno fuori dall’accordo.

UN GRILLINO AL MEF?

Un po’ per l’autorevolezza, un po’ per l’aderenza alla realtà, a molti è sembrato dunque di vedere in Minenna il candidato per la guida del Tesoro. Piace ai grillini e anche a qualche non grillino. Anche per questo Di Maio è stato interpellato su una possibile candidatura al Mef. Non sbilanciandosi, ma nemmeno smentendo categoricamente: “Nomi non ne facciamo. E comunque prima sceglieremo il presidente del consiglio, e poi toccherà a lui indicare i ministri”. E il diretto interessato non ha smentito nemmeno lui. “Credo che questi siano incarichi politici e io ho sempre amato fare il tecnico: punti di vista oggettivi e numerici, difficilmente controvertibili, che poi spero vengano usati per discutere di un futuro migliore”, ha risposto Minenna. Intrattenutosi proprio con Di Maio e Davide Casaleggio a pranzo.


×

Iscriviti alla newsletter