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Ecco come borbottano le Ong sulle nuove misure proposte da Minniti

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Durante l’incontro informale a Parigi di domenica scorsa con il collega tedesco Thomas de Maiziere e il francese Gerard Colomb, il ministro dell’Interno Marco Minniti ha avanzato una serie di proposte per regolamentare l’operato delle ong nel Mediterraneo. Sei sono i punti caldi del nuovo “codice” su cui l’Italia chiederà nell’incontro odierno dei ministri europei dell’Interno di Tallin di insistere, pena la chiusura dei porti italiani alle navi delle ong straniere. Vietato spegnere i trasponder, trasparenza finanziaria, segnalare la propria presenza in mare ai barconi, obbligatorio fornire le generalità di tutti i membri dell’equipaggio alle autorità italiane. Inoltre il comando delle operazioni sarà accentrato nella guardia costiera italiana, che dovrà dare un permesso preventivo alle operazioni di soccorso. Non sarà infine più possibile per le ong scaricare i migranti sulle navi della guardia costiera italiana, perché una volta caricati dovranno portarli direttamente nei porti.

La notizia non è stata accolta bene dalle principali ong impegnate nel Mediterraneo, che sostengono che di regole ce ne siano già abbastanza senza doverne aggiungerne altre. Non ci è voluto molto prima che una fila di irritati comunicati stampa riempisse i loro siti web, esattamente come era successo in seguito alle accuse del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Solo MOAS, l’ong maltese creata nel 2014 dai ricchissimi coniugi Regina e Christopher Catrambone che peraltro era di fatto una delle più criticate, e finita nel mirino di Zuccaro, si è dimostrata collaborativa. L’ong si è dichiarata “aperta a continuare ogni tipo di collaborazione, sia ad una maggiore regolamentazione delle ong che ad un più stretto coordinamento con la Guardia Costiera”, così come ad una “maggiore trasparenza sulle fonti di finanziamento”.

Ben più combattivi invece i comunicati delle altre ong impegnate nei salvataggi. A partire da Proactiva Open Arms, la cui nave Astral batte bandiera spagnola, che il 4 luglio ha commentato così su twitter l’incontro dei tre ministri a Parigi: “La legge bavaglio #Med, l’#UE imporrà alle ong dei codici di condotta, mentre paga gruppi armati libici, guardia costiera. Questa è l’UE oggi”. Si accoda l’inglese Human Rights at Sea, che twitta lo stesso giorno: “HRAS è molto preoccupata – imposizione di un codice di condotta UE per le ong senza consultazione. La bozza è stata stesa da Frontex. Affare fatto”, con un non velata stoccata all’agenzia per le frontiere europea, accusata da quasi tutte le ong di averle abbandonate da sole nelle operazioni di search and rescue (Sar).

“Non c’è nessun bisogno di un nuovo codice di condotta” è il titolo del comunicato di Sea-Watch, ong con sede a Berlino ma che opera con una nave, la “Sea Watch 2”, battente bandiera olandese. Che non risparmia accuse alle guardie libiche, sostenendo che “le persone sono morte come diretta conseguenza delle azioni illegali di questa guardia costiera chiaramente finanziata dall’UE”, ma anche agli attacchi dell’UE alle ong, “che sono chiaramente pensati per mascherare i fallimenti politici”.

Durissimo anche Loris de Filippi (nella foto), presidente di Medici senza frontiere, organizzazione internazionale che solca il mediterraneo con la Vos Prudence, battente il tricolore italiano: “ancora una volta l’Europa dimostra totale disinteresse verso la terribile situazione umanitaria in mare, che vede le ONG e la guardia costiera italiana in prima linea per salvare vite umane con scarso coinvolgimento da parte dell’Unione Europea” il suo j’accuse, concludendo che “le organizzazioni umanitarie come MSF stanno colmando un vuoto lasciato dagli Stati europei”.

Non solo le ong dedite unicamente al soccorso in mare si sono schierate contro l’idea di un nuovo codice e la minaccia della chiusura dei porti italiani. Sul codice ha avuto da ridire, ad esempio, Human Rights Watch, che ha ricordato in uno statement come le ong spesso si trovino ad operare in aree dove “le navi dell’UE che operano sotto Frontex e l’operazione UE contro i trafficanti, EUNAVFORMED, non sono presenti”. L’organizzazione per la cooperazione e la solidarietà internazionale (Aoi) infine ha lanciato lo scorso 29 giugno un accorato appello al governo italiano: “presidente Gentiloni, non chiudiamo i porti alle navi della solidarietà”.

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