Il conservatore Wall Street Journal scrive l’articolo che fa da guida odierna in mezzo alle strettoie del Russiagate – l’inchiesta che ormai si semplifica in ‘su Trump e i russi’, diventata a questo punto uno stillicidio di informazioni quotidiane difficili da dipanare pure per chi si mette con pazienza e volontà a seguirne gli sviluppi. Alcuni funzionari ex e attuali dell’intelligence americana dicono al giornale economico più autorevole del mondo che il controspionaggio dell’Fbi ha iniziato a rivedere varie trascrizioni che riguardano conversazioni intercettate nella primavera del 2015 in cui persone associate alla Russia (nel senso ‘al governo di Mosca’) parlavano di contatti avuti con elementi del circolo del sarà-candidato repubblicano Donald Trump.
Queste intercettazioni derivano da un programma di routine: la counter-intelligence del Bureau traccia gli uomini che ritiene collegati alle attività governative di altri paesi quando si trovano sul territorio statunitense (gli altri stati fanno lo stesso). Il riesame sarebbe dovuto alle rivelazioni uscite dal caso Don Jr, ossia l’incontro del figlio del presidente, e di altri notabili del comitato Trump, con un’avvocatessa russa che portava in dote potenziali (fantomatiche?) informazioni che avrebbero potuto rivelarsi dannose per Hillary Clinton.
Le conversazioni di cui parla il WSJ sono state individuate mesi prima che Trump dichiarasse la sua candidatura, e per questo le intelligence “non erano sicure di cosa fare di questa attività di sorveglianza, che consideravano cosa vaga e inconcludente”. All’inizio. Poi il volume di quei contatti era diventato così ampio che, dice una delle fonti, ci siamo chiesti “che cosa sta succedendo?”.
Il controspionaggio non può tracciare cittadini americani a meno che non ci sia una richiesta formalizzata da un giudice, e dunque è possibile che finora quelle intercettazioni sono state lasciati indietro anche per questo, ma ora sono state riaperte per volontà del procuratore speciale che sta conducendo l’inchiesta per conto del dipartimento di Giustizia.
D’altronde in questo momento le potenziali collusioni Trump/Russia – di cui il Russiagate si occupa – sono diventate argomento più concreto dopo che, di fatto, il figlio del presidente ne ha resa pubblica l’esistenza. L’Ediatorial Board del New York Post, tra i media di solito benevoli col presidente, ha scritto mercoledì un commento piuttosto diretto su questo. Prima riga: “Vediamo (qual è) l’unico punto solido che esce dalla storia del giorno: Donal Trump Jr è un idiota”. Il giornale si riferisce all’incontro in sé – come fai ad accettare l’offerta di personaggi da “film di Cohen” (questa è stata rubata qui, ndr) come quelli che gli proposero materiale compromettente sul conto di Clinton a giugno 2016, mentre tuo padre è in corsa per le presidenziali, “senza nemmeno farti venire qualche dubbio?”, è il senso generale del pezzo – ma anche la scelta di far uscire quelle mail è stata poco felice.
Ora c’è un punto solido per l’indagine che cerca di provare anche solo i tentativi di collusione. Durante un’intervista con la Reuters il presidente ha provato a difendere la “trasparenza” del figlio, prima aveva attaccato “le fonti anonime” dei media, e lo stesso articolo del NYPost sceglie Don Jr come agnello sacrificale: quel “è un idiota” ha un significato sottinteso parafrasabile in ‘lasciate stare il figlio scemo del presidente, non è successo niente di che’.
Ma è evidente che il problema è politico. Mercoledì due deputati democratici hanno presentato la prima istanza formale per la richiesta di impeachment contro Trump. Motivo fornito come da prassi alla House Judiciary Committee, ostruzione alla giustizia. Si tratta di una pretesa fumosa per il momento, ma la vicenda del figlio è un grosso problema per Trump (attuale e futuro). “Non è la pistola fumante” dice David French su un altro media conservatore come la National Review, ma la pubblicazione delle mail di Don Jr ha cementato nella testa degli “americani il termine tentata collusione”.