Un nuovo piano operativo per Triton sarà messo a punto al più presto: la notizia secca contenuta nel comunicato dell’Agenzia europea Frontex apre uno spiraglio e rappresenta un piccolo passo in avanti per l’Italia che sta chiedendo da settimane una redistribuzione delle navi cariche di migranti in porti non italiani. Il direttore dell’Agenzia, Fabrice Leggeri (nella foto), ha anche sollecitato gli Stati a sostenere l’Italia per rafforzare Triton perché anche in questa occasione “tutti i partecipanti hanno riconosciuto che l’Italia sta affrontando una pressione straordinaria e ha bisogno di un sostegno aggiuntivo da Ue e Frontex”. Ma anche dopo questa novità è necessaria la massima prudenza per due motivi: non è stato indicato il tempo massimo entro il quale il gruppo di lavoro incaricato di definire le nuove regole dovrà presentarle agli Stati membri e soprattutto non si sa quanti e quali Stati sarebbero disponibili ad aprire i loro porti, dopo che nei giorni scorsi alcune tra le principali nazioni europee si sono dette contrarie.
La nota è stata diffusa nella serata dell’11 luglio dopo una giornata di trattative presso la sede dell’Agenzia a Varsavia dove per l’Italia era presente il prefetto Giovanni Pinto, capo della direzione dell’Immigrazione e della Polizia di frontiera del Dipartimento di Ps, che ha ufficializzato la richiesta avanzata nei giorni scorsi dal ministro Marco Minniti: “In caso di massiccio afflusso di migranti” l’Italia vorrebbe “poter farli sbarcare nei porti di altri Stati membri”, è scritto nel comunicato. Sarà compito del gruppo di lavoro deciso nel vertice, al quale hanno partecipato i rappresentanti di numerosi Stati, “identificare ed elaborare quali esigenze dovrebbero essere considerate nel concetto operativo di Triton tenendo conto delle decisioni già prese a livello politico” e gli Stati membri saranno consultati dopo la messa a punto del nuovo piano operativo. Ci sarà un contributo anche nella definizione del codice di condotta per le Ong che l’Italia sta stilando d’intesa con la Commissione europea e anche di questo si occuperà il gruppo di lavoro per capire “quanto impatterebbe sulle attività operative di Frontex”.
L’Agenzia rileva nel comunicato che sono 400 i propri funzionari che già assistono l’Italia nella gestione dell’immigrazione; che, in questo momento, il dispositivo comprende 12 navi, 3 aerei e 4 elicotteri; che potrebbe mettere a disposizione il proprio sistema di sorveglianza aerea (Mas) che invierebbe in tempo reale la situazione del Mediterraneo centrale al centro operativo di Varsavia. L’interesse dell’Europa è che l’Italia velocizzi al massimo le procedure di identificazione dei migranti e le richieste di asilo e per questo Frontex aumenterà la propria presenza negli hot spot. Un punto rilevante è il rimpatrio dei migranti che non hanno diritto all’asilo e che quindi non possono restare in Italia: Frontex si è dichiarata pronta a sostenere l’Italia anche su questo. Pur sottolineando che “diversi paesi si sono detti pronti a partecipare a operazioni di rimpatrio rapido, questo richiederebbe una maggiore capacità di detenzione” per quei migranti che aspettano il volo di rientro. Significa che l’Italia dovrebbe ampliare la capienza o il numero dei nuovi Cpr (Centri permanenti per i rimpatri, i vecchi Cie). In questo momento il Viminale non può che registrare con soddisfazione l’esito della riunione di Varsavia nella quale non era ipotizzabile né un’immediata apertura di porti di altre nazioni né un’uscita unilaterale dell’Italia da Triton, che è un’operazione di polizia che dipende dal ministero dell’Interno e che è affidata alla Guardia di Finanza in quanto corpo di polizia. Quando c’è un’emergenza e va avviata un’operazione di soccorso, invece, la responsabilità passa alla sala operativa della Guardia costiera.
Difficile ipotizzare come cambieranno i “parametri” di Triton alla conclusione del gruppo di lavoro, ma è interessante rilevare il passaggio del comunicato finale relativo al codice di condotta delle Ong e a come questo impatterà su Triton. Una delle situazioni che il codice vorrà evitare è il trasbordo dei migranti dalla nave di una Ong a una nave militare, che è avvenuto spesso. Il 5 luglio davanti al Comitato Schengen il generale Stefano Screpanti, capo del III reparto (Operazioni) della Finanza, ha spiegato che nel caso delle navi di Triton i trasbordi sono avvenuti solo in casi eccezionali, cioè quando è capitato un alto numero di soccorsi contemporaneamente, proprio perché si tratta di un’operazione di polizia. In quell’occasione, Screpanti ricordò ai parlamentari che “l’obiettivo di Triton, in base al suo piano operativo, è il pattugliamento del Mediterraneo centrale per il contrasto ai traffici migratori illegali provenienti dal Nord Africa e il rafforzamento dello scambio informativo”, un pattugliamento che arriva fino a circa 70 miglia dal limite delle acque territoriali libiche. Ma se bisogna soccorrere, la salvaguardia della vita umana fa passare in secondo piano il resto.
Giovedì 13 Minniti in Libia incontrerà i sindaci delle città libiche meridionali per ragionare su una collaborazione nel fermare i traffici illeciti, che sono fonte di guadagni, in cambio di alternative economiche per la popolazione. Un altro tema gigantesco che l’Italia non potrà affrontare da sola.