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Tutti gli sbuffi dell’amministrazione Trump su Iran e nucleare

sanzioni, iran

L’Iran sta rispettando gli impegni presi con il 5+1, il meccanismo internazionale che a luglio del 2015 ha chiuso l’accordo per congelare il programma nucleare iraniano, e allo stesso tempo ha riqualificato Teheran come attore diplomatico internazionale (e dunque commerciale, economico, finanziario, politico), ma in generale è un attore politico “maligno”.

A dirlo è la revisione con cui l’amministrazione americana (via dipartimento di Stato) aggiorna il Congresso del procedere della situazione del Nuke Deal ogni tre mesi – l’ultima è arrivata lunedì, mentre il ministro degli Esteri iraniano era a New York, in visita all’Onu. Anche ad aprile gli uffici statunitensi incaricati delle valutazioni periodiche avevano raggiunto la stessa conclusione. Era stato il primo report del genere da quando Donald Trump aveva assunto il comando. Ora arriva la seconda conferma, ed è una questione rimarchevole perché Trump e la sua amministrazione – considerati fortemente anti-iraniani – durante la campagna elettorale e i primi mesi di presidenza avevano annunciato di voler stravolgere l’accordo, “il peggior deal mai negoziato” come disse il presidente.

Sebbene ci sono distinguo, fattuali e allo stesso tempo utili per mantenere una certa coerenza. La revisione infatti non esclude che sanzioni specifiche, non collegate all’aspetto nucleare, possano essere alzate nuovamente contro l’Iran (pare che il capo del Consiglio di Sicurezza nazionale e il segretario al Tesoro ne abbiano parlato in dettaglio durante un incontro a porte chiuse con i rappresentanti dei più importanti think tank americani proprio lunedì, mentre il report veniva spedito ai leader parlamentari). In particolare la Casa Bianca starebbe pensando di punire il sostegno iraniano dato a svariati gruppi terroristici, come gli Hezbollah che combattono al fianco del regime siriano o altre milizie sciite che si muovono tra Siria e Iraq (qui per esempio c’è un punto difficoltoso, perché quegli stessi partiti armati che odiano l’Occidente e gli americani, in Siria sostengono lo spietato regime di Damasco, in Iraq danno e hanno dato manforte contro lo Stato islamico).

Gli Stati Uniti ritengono che in linea generale Teheran sia “inadempiente allo spirito del JCOA (nome tecnico dell’accordo, che sta per Joint Comprehensive Plan of Action, ndr)”: ossia dicono che sebbene gli aspetti tecnici del deal sembrano stare in piedi per il momento, la politica spregiudicata di sostegno dei partiti milizia come proxy d’influenza a cavallo del Medio Oriente, e alcune evoluzioni militari come il programma dei missili balistici, ne violano lo spirito, diciamo così, etico. L’Iran compie “attività maligne”, ha detto uno dei funzionari che ha parlato con i media americani, spiegando che la revisione completa ordinata da Trump sull’accordo porterà l’amministrazione ad avere “un approccio più ampio” e non soltanto strettamente collegato agli aspetti tecnici del deal. Il Senato ha già approvato a giugno un pacchetto di legge sanzionatorio sia per le attività connesse ai gruppi jihadisti sciiti, sia per i missili.



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