Il rinvio dell’esame in Aula, alla Camera, del progetto di legge “ammazzavitalizi” a prima firma di Matteo Richetti non è dipeso dalla pervicace volontà dei “magnamagna” di allungare i tempi per tenersi il malloppo, ma ad una circostanza che dimostra come i nuovi sanculotti siano anche un po’ cialtroni. Arrivato il progetto in Commissione Bilancio, si sono accorti che mancavano le relazioni tecniche del Lavoro e del Tesoro. Nessun provvedimento di spesa può essere promulgato dal Capo dello Stato se privo della “bollinatura” della Ragioneria generale dello Stato. Ovviamente i “nostri” se la prenderanno con la burocrazia “perditempo” che ostacola le propensioni al cambiamento ed impedisce di fare giustizia sulla base della nuova sharia populista e plebea che sta intossicando l’Italia.
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Che il progetto Richetti avesse delle gravi deficienze lo ha riconosciuto, in Commissione Bilancio, anche il vice Ministro Enrico Morando, il quale, come risulta dai resoconti, ha evidenziato che la predisposizione della relazione tecnica compete al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sulla base di una istruttoria che deve essere effettuata dall’INPS. Pertanto la Ragioneria generale dello Stato potrà trasmettere la relazione tecnica in oggetto solamente dopo il completamento delle predisposizione della relazione tecnica da parte delle amministrazioni interessate. Si è poi soffermato, quindi, su un aspetto problematico che, a suo parere, dovrà comunque essere risolto, ovvero l’individuazione, all’interno dei bilanci della Camera dei deputati e del Senato, della quota di contributi previdenziali a carico del datore del lavoro, che, secondo quanto previsto dal provvedimento in esame, dovrà essere trasferita alla nuova gestione separata da istituire presso l’INPS. Infatti, in assenza della determinazione della misura di detti contributi – ha sottolineato il vice ministro – è materialmente impossibile il loro trasferimento alla gestione separata.
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Per mesi è circolata un’altra “bufala”. Si doveva andate alle elezioni anticipate con lo scopo di impedire che i parlamentari di prima nomina maturassero i cinque anni di mandato (riconosciuti tali una volta valicato il primo semestre dell’ultimo) utili per la pensione. Si erano dimenticati che un Parlamento resta in carica fino a quando non ne subentra un altro. Pertanto, per poter realizzare il bieco obiettivo di punire i parlamentari eletti per la prima volta nell’attuale legislatura (e mondarli del peccato originale di fare politica) sarebbe stato necessario avere già sciolto le Camere da tempo.
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Ho letto alcuni brani, anticipati dai quotidiani, del libro “Avanti” (e quel che segue) di Matteo Renzi, prossimo ad arrivare in libreria. Ovviamente auguro al giovane caudillo che il suo saggio abbia un grande successo di acquirenti e di lettori. Io non sarò tra questi. La mia dose di indignazione (verso ciò che ha scritto il segretario dem) l’ho già consumata tutta nel leggere (a sbafo) la parte dedicata ai rapporti con Angela Merkel e con la Ue. Mi sono vergognato per lui.