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Migranti, se anche il mite Mattarella alza la voce

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Di là, a Bruxelles, la solita marea di parole. Di qua, in Italia, gli sbarchi in continuazione. E allora sul tema più rilevante, oggi, per l’Unione europea – come lo stesso presidente Sergio Mattarella ha voluto definirlo alla Conferenza degli ambasciatori presso la Farnesina -, basta chiacchiere. “Servono risposte concrete e non battute estemporanee al limite della facezia”, è il linguaggio mai così duro e amaro usato dal capo dello Stato per scuotere l’Europa dalla colpevole inerzia con cui ha delegato la pratica al solo nostro Paese.

Ma il monito suona anche come un’esortazione al governo Gentiloni ad adottare sul fenomeno delle migrazioni lo stesso metodo di “fermezza negoziale” utilizzato per il problema delle banche. Dunque, l’ondata degli arrivi senza controllo, soprattutto dall’Africa, è un’emergenza europea, che dev’essere affrontata in maniera “collegiale, seria e responsabile”.

Il richiamo del Quirinale è stato espresso nell’incontro diplomatico che era dedicato proprio alla sicurezza e alla crescita. Tutto si tiene nella sfida che l’Unione finge di non vedere: il dovere di assicurare tranquillità ai suoi cittadini e quello di rilanciare l’economia.

Invece Bruxelles continua a fare orecchie da mercante sul salvataggio in mare, l’accoglimento e la distribuzione dei migranti fra tutti i ventisette Paesi. Si susseguono vertici europei che nulla decidono.

A giorni alterni molti Stati, cominciando dalla confinante Austria, minacciano di chiudere frontiere e porti. Tanta è l’indifferenza regnante, che il ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha trovato maggiore ascolto a Tunisi nella concomitante riunione di contatto Africa-Europa. Con due richieste concrete per far fronte all’esodo: la cooperazione fra tutte le nazioni di partenza e di arrivo dei flussi e la strategia di fermare la gente in fuga prima che consegni la propria vita a barconi di latta e il proprio destino a scafisti criminali. Soltanto con un’azione euro-africana organizzata, sorvegliata e finanziata in Africa, si può sperare di gestire il fenomeno. Investimenti laggiù, non annunci quassù, lasciando all’Italia la responsabilità dell’intero Mediterraneo.

La scelta pilatesca degli europei è ormai inescusabile. In ballo ci sono la disperazione di chi scappa (a oggi 93mila sbarcati, quest’anno, in Italia), e la pazienza degli italiani, che da soli non possono più farsi carico del dolore del mondo.

 (Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratti dal sito www.federicoguiglia.com)   



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