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Chi spinge (e perché) per l’Ema a Milano

La battaglia per portare a Milano l’Agenzia europea del farmaco è il primo banco di prova di un’Italia che può fare squadra. Il contesto regionale è probabilmente quello più favorevole in Europa. Basti citare alcuni dati elaborati da Lombardia Speciale (il servizio studi di Regione Lombardia) su fonte Farmindustria: è ai vertici in Italia e in Europa per numero di addetti nel settore farmaceutico, con la metà degli occupati a livello nazionale (28mila unità più 18mila nell’indotto, seguita dal Lazio con 16mila occupati più 6mila nell’indotto).

La Lombardia è ai vertici italiani anche per investimenti e numero di occupati in ricerca e sviluppo, che ammontano rispettivamente a 400 milioni di euro e 3mila unità su un totale dell’industria farmaceutica italiana di 6.200. È seconda regione per l’export, che vale quasi 5 miliardi di euro su un totale nazionale di 21 (al primo posto il Lazio con 7,6 miliardi).

Soprattutto, l’Italia è il secondo produttore farmaceutico nell’Unione europea, dopo la Germania, con il 26 per cento della produzione totale e il 19 per cento del mercato, ma prima per l’incremento delle esportazioni (+52% in volume e +18% a valore negli ultimi sei anni); un riconoscimento della qualità e dell’innovazione dei prodotti italiani del farmaco.

A rendere la Lombardia la casa giusta per l’Ema – secondo i promotori – sono anche gli investimenti in ricerca e sviluppo. Ma soprattutto è la rivoluzione della logistica, delle infrastrutture, dell’accesso ad una dimensione autenticamente mondiale che fa di Milano e delle province circostanti l’occasione giusta per mettere d’accordo le varie anime della politica dietro un progetto comune.

Roberto Maroni, (nella foto), ha offerto il Grattacielo Pirelli come sede provvisoria per l’Agenzia, in attesa della costruzione della Città della Salute o di una nuova collocazione nell’Area Expo. Anche a costo di attirarsi le critiche del gruppo consiliare della Lega Nord sull’ipotesi di spostare Consiglio regionale e relativi uffici.

In un’Europa in cui, al di là delle apparenze, l’Italia è sempre più contribuente netto, sarebbe quanto meno equo che a fronte del totale abbandono sulla questione migranti il governo riuscisse a spuntare l’occasione per creare posti di lavoro (qualche migliaio almeno) e occasioni di sviluppo dando credito ai principali asset che possono essere riassunti nello spirito d’intraprendenza italiano, ben incarnato dal contesto lombardo. Ad Alfano e a Gentiloni l’arduo compito…

 


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