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Intesa Sanpaolo e Tesoro su Popolare Vicenza e Veneto Banca hanno fatto marameo all’Ue. Report Moody’s

Carlo Messina intesa sanpaolo

La decisione del governo di salvare Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca attraverso il ricorso alla procedura d’insolvenza invece che alla risoluzione non costituisce un precedente per gli istituti che dovessero fallire in futuro. E’ quanto si legge in un report di Moody’s intitolato Italian Bail-Out Shows Senior Creditors of Failing Banks Remain Protected – For Now.

COSA DICE IL REPORT

Gli analisti dell’agenzia di rating giudica l’esito della liquidazione delle due banche venete decisa dal governo italiano con l’ausilio del gruppo creditizio capitanato dall’amministratore delegato Carlo Messina (nella foto): “La decisione di ricorrere alla procedura di insolvenza e non alla risoluzione per le due banche italiane aggira i più rigidi requisiti della direttiva Brrd. Tuttavia non crediamo che questi interventi costituiscano un precedente di più lungo termine per le banche sulla via del fallimento, soprattutto dato l’applicazione, avvenuta con successo, della risoluzione europea per il Banco Popular“, si legge nel report. Che analizza la situazione spiegando che la soluzione italiana è stata scelta per assicurare “che i creditori senior delle banche non subiscano perdite” ed è stata percorribile perché si tratta di banche piccole senza importanza sistemica.

I PROSSIMI PASSI PER LE VENETE

“Quello che seguirà, in ogni caso, non è una normale insolvenza – scrivono gli analisti di Moody’s – Le autorità italiane hanno trasferito i performing loans e le passività di tipo senior a Intesa Sanpaolo con una iniezione di 4,8 miliardi di euro… mentre il governo finanzierà le dismissioni degli NPL fornendo a Intesa garanzie fino a 12 miliardi”. Una soluzione diversa da quella spagnola già citata e anche da quella usata per Mps e che “contravviene la BRRD, che proibisce l’uso del denaro dei contribuenti senza una più vasto bail-in delle perdite della banca insolvente”. Questo, continua il report, da un lato dimostra che “gli aiuti di Stato possono continuare a fluire verso le banche europee quando gli interessi politici nazionali sembrano più importanti di una applicazione ferrea della Brrd ma che d’altrocanto minano la credibilità del regime di risoluzione di recente introduzione, che mirava proprio a ridurre l’uso del denaro pubblico in questo genere di bail-out”. O un segnale, continuano gli analisti di Moody’s, che il sistema stia ancora attraversando un periodo informale di transizione tra l’introduzione della Brrd e la statuizione di una sufficiente capacità di assorbimento delle perdite in forma di strumenti subordinati.

IL NODO AIUTI DI STATO

In generale “gli aiuti di Stato contravvengono lo spirito, se non la lettera della Bank Recovery and Resolution Directive” che li prevede solo nel caso sia usato contestualmente anche almeno uno dei quattro strumenti di risoluzione, ovvero vendita del business, bridge bank, private sector sale, bail-in e dopo che i creditori abbiano sopportato perdite attraverso la cessione del debito e la svalutazione di strumenti di capitale pari ad almeno l’8% delle passività della banca fallita. Tali iniezioni di capitale sono destinate ad essere temporanee, a essere utilizzate come ultima risorsa e per prevenire un impatto negativo sul sistema finanziario”. Si può bypassare la regola dell’8% a patto che sussistano altre condizioni, tra cui quella che la banca è solvente – cosa che lo avrebbe escluso per le venete essendo stata la stessa Bce a dichiarare il fallimento, due giorni prima che fosse deciso il bail-out.

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