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Servono nuovi sindacati, non il populismo sindacale. Parola di Bentivogli (Fim-Cisl)

marco bentivogli, Cisl

I sindacati a volte sbagliano eppure non si può fare a meno del sindacato. Tesi forte quella di Marco Bentivogli, leader della Fim-Cisl, fresco di congresso (qui lo speciale di Formiche.net) con annessa rielezione alla guida dei metalmeccanici della Cisl. Eppure, ribadita ancora una volta, nel volume Abbiamo Rovinato l’Italia? Perché non si può fare a meno del sindacato (edizioni Castelvecchi) giunto alla seconda ristampa e presentato ieri pomeriggio alla Camera alla presenza dell’economista Leonardo Becchetti e dello storico Guido Crainz.

QUANDO LO SCIOPERO E’ NEMICO (DELLO SCIOPERO)

E’ possibile che un uso distorto di un diritto sancito dalla Costituzione possa nuocere gravemente al sindacato, facendolo tornare a una sorta di età della pietra? Secondo Bentivogli, sì. Dunque non è un caso se nei giorni degli scioperi che hanno messo in ginocchio l’Italia sul suo profilo Twitter il leader della Fim abbia sbottato: “Posso dirlo? Certi scioperi sono il migliore attacco al diritto di sciopero”. Il messaggio è chiaro, il sindacato serve eccome ma se ben maneggiato e se soprattutto non si consegna nelle mani di mille capi e capetti che “hanno sfidato l’opinione pubblica infliggendo danni enormi alla collettività”. Insomma, le micro-sigle frantumano e danneggiano il movimento sindacale, fatto troppo spesso ostaggio di quello che Bentivogli chiama populismo sindacale.

QUESTIONE DI POPULISMO (SINDACALE)

Nel volume, Bentivogli parla di quello che appare a tutti gli effetti, come un virus che piano piano si sta diffondendo. “Quel populismo sindacale, lo stesso che abbiamo visto trascinare a fondo Alitalia e Almaviva, ed insieme al suo gemello, il populismo politico e che costituisce una temibile miscela per chiunque muova da posizioni responsabili e autenticamente riformiste”. E’ un po’ il modello del Movimento Cinque Stelle, cavalcare il malcontento e farne una sorta di miccia “che minaccia di mettere all’angolo il sindacalismo confederale, spesso titubante di fronte ad un nemico abituato a  muoversi spregiudicatamente nell’arena politica non meno che in quella mediatica”.

PERCHE’ IL SINDACATO SERVE

Alla fine, Bentivogli chiude il cerchio. No, “i sindacati non hanno rovinato l’Italia, come dimostra il fatto che, silenziata la retorica della disintermediazione dopo una stagione tanto fragorosa quanto breve, la politica è tornata a considerarli interlocutori indispensabili. Ma rischiano di restare sotto le macerie del populismo se non sapranno reagire riformandosi e riformando il Paese”.

RIPARTIRE DALLA RAPPRESENTANZA

Una cura comunque c’è. E si chiama legge sulla rappresentanza, per dire chi rappresenta chi. Chi non rappresenta nessuno, non ha voce in capitolo. Dunque, stop alle mille sigle che, pur rappresentando un pugno di lavoratori puntano a mettere all’angolo i loro fratelli maggiori. I sindacati confederali la chiedono da tempo, persino la Cgil. Bentivogli parla di “ripulire il giardino di casa dalle erbacce. Come? Con una legge cornice sulla rappresentanza che risolva una volta per tutte il dilemma di chi rappresenta chi che si trascina dagli albori della Repubblica”.

LA SFIDA FISCALE

Secondo l’economista Becchetti, editorialista di Avvenire, all’orizzonte del sindacato c’è la necessità di “alzare lo sguardo e mettere delle idee al servizio del Paese”. Idee che per Becchetti devono partire dalla rivoluzione tecnologica “che sta aumentando e anche aumentando la ricchezza. Non esiste un problema tecnologia, casomai c’è un problema fiscale”. Becchetti ha parlato della necessità di “pagare meno, pagare tutti” ovvero colpire i grandi giganti tecnologici per armonizzare il prelievo fiscale. “Questa credo sia una delle vere sfide del futuro, che anche la Fim-Cisl deve fare sua”. Altra questione, condivisa sia da Becchetti sia da Bentivogli, rimettere al centro dell’economia, la persona, lavoratore o no che sia. “Difendere la dignità del lavoro nell’economia globale. Come? Attraverso la difesa del consumatore che il baricentro dell’economia. Difendere i consumatori, con contratti idonei, vuol dire difendere i lavoratori”.


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