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Ecco cosa cambia con l’accordo di libero scambio Ue-Giappone

SHINZO ABE

L’accordo quadro di libero scambio raggiunto tra Ue e Giappone giovedì mattina non è ancora un partenariato, che non si concluderà prima del 2018, ma resta un passo avanti per l’abbattimento dei dazi preparato con cura in 18 round negoziali iniziati nel 2013. A Bruxelles il premier giapponese Shinzo Abe e il suo ministro degli Esteri Fumio Kishida hanno incontrato i presidenti dell’UE Jean-Claude Juncker e Donald Tusk e la commissaria per il commercio Cecilia Malström. Automobilistico e agroalimentare i due settori che più beneficeranno dell’accordo, ma anche moda, calzature e pesca.

UN ACCORDO (ANCHE) POLITICO

Da una parte gli Stati Uniti di Trump affossano il TTIP, minacciano contromisure contro le esportazioni cinesi, salvo poi aprire al commercio di carne dal dragone; dall’altra l’Europa prepara le misure anti-dumping cinese e si avvia alla conclusione del partenariato col Giappone. È una partita politica prima ancora che economica quella che si sta giocando in queste ore a Bruxelles. “Lo spessore di questo accordo va ben al di là del commercio. Il suo impatto va ben al di là delle nostre sponde” ha dichiarato soddisfatto Juncker, non senza una frecciata all’annunciata chiusura del mercato da parte di Trump: “per quel che ne sappiamo, non c’è protezione nel protezionismo”. Le imprese europee ad oggi pagano complessivamente 1 miliardo all’anno per i dazi giapponesi: una volta concluso il partenariato, il 97% dei beni esportati nel Sol Levante non incontrerà restrizioni. Giovedì il presidente Tusk ha esultato su Twitter al grido di “Global Europe!”, con una velata ironia verso i supporters della Brexit, che in campagna elettorale gridavano “Global Britain”.

I SETTORI COINVOLTI

Gli scambi nell’agroalimentare, un export europeo che vede il Giappone come quarto principale mercato, con un profitto annuo di quasi 6 miliardi di euro, subiranno massicce modifiche. I dazi sull’export di vino in particolare, un mercato del valore di 1 miliardo di euro, subiranno brusche riduzioni: per esempio, nel quartiere di Tokyo Shibuia Ward, avido importatore di più di 2000 tipi di vini francesi, i dazi che prima ammontavano a 100 yen a bottiglia scompariranno del tutto. Anche l’imponente export europeo di formaggi sarà sollevato dalla diminuzione delle imposte: prodotti come il Gouda, il Cheddar o la mozzarella potranno entrare in Giappone senza restrizioni. Il tutto però nel rispetto delle denominazioni geografiche (Dop e Doc) che il Giappone promette di tutelare: i produttori di parmigiano reggiano, Roquefort, Asiago, il Tiroler Speck e il prosciutto di Parma, per citare i marchi più noti, potranno tirare un sospiro di sollievo. Il celebre Scotch whisky, come riporta Reuters, potrebbe invece non godere di queste attenzioni, dato che il Regno Unito si è impegnato a dare l’addio a Bruxelles entro il 2019.

Grandi novità nel settore automobilistico, con le case giapponesi che vedono ridursi i dazi europei all’import (ad oggi intorno al 10%) come contropartita per l’entrata in UE dei prodotti agroalimentari nipponici. Un passo chiave, anche se la quota di mercato dei grandi giganti giapponesi come Toyota o la Honda in Europa è minore rispetto al mercato statunitense. La Malmström ha tenuto però a specificare che in caso di “un aumento molto alto rispetto al normale” di importazioni di auto giapponesi, alcune restrizioni potrebbero essere reinserite.

Notevoli infine le clausole sul mercato dei servizi, che vengono esportati dall’UE in Giappone per un valore annuale di 28 miliardi di euro. Gli stati membri dell’UE non saranno forzati a privatizzare le aziende pubbliche, né avranno impedimenti qualora decidessero di riportare nel settore pubblico servizi privati. Le aziende di Stato giapponesi si impegnano a un equo trattamento delle aziende, dei prodotti e dei servizi europei rispetto alle aziende connazionali. Un punto non da poco, che costituisce invece uno dei maggiori scogli per gli investimenti e l’export europeo in Cina.

NON SOLO COMMERCIO

L’incontro a Bruxelles di giovedì non ha impattato solo sul piano degli scambi bilaterali. Il premier Abe e i presidenti Tusk e Juncker ad esempio hanno avuto modo di rilasciare una dichiarazione congiunta sulla Corea del Nord. “Siamo seriamente preoccupati e condanniamo nel modo più assoluto i continui test nucleari e i lanci di missili balistici della Corea del Nord” recita il comunicato, annunciando poi nuove sanzioni e restrizioni “al trasferimento di importanti mezzi, tecnologie e finanziamenti” volti al programma nucleare di Kim Jong-Hun. C’è stato spazio infine per una dichiarazione congiunta su un tema ampiamente affrontato nel G7 di Taormina e che riemergerà al G20 di Amburgo, ovvero la protezione dei dati informatici dagli attacchi hacker. Le due parti si sono impegnate a “facilitare lo scambio di dati” e ad assicurare attraverso le nuove leggi sulla privacy “i diritti individuali e il controllo da parte di autorità indipendenti”.

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