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L’Occidente, il Medio Oriente e l’eredità cristiana. L’analisi di monsignor Pizzaballa

“Non dobbiamo legare il nostro destino e la nostra presenza qui a prospettive politiche, storiche, ai contesti sociali o quant’altro. A salvarci sarà l’attaccamento alla propria fede, il radicamento in Cristo, la motivazione profonda del nostro essere cristiani. Legare la nostra speranza e il nostro futuro a soluzioni politiche o sociali, creerà solo frustrazione”.

L’ANALISI DI MONS. PIERBATTISTA PIZZABALLA

L’intervento al Meeting di Mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del patriarcato latino di Gerusalemme, è sembrato uno dei più attesi dal popolo di CL, tanto da essersi svolto nella sala riservata solo ai principali incontri, e avere assegnato come titolo lo stesso di tutta la kermesse: “Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo”. “Bisogna ripartire da ciò che fa di noi una novità e una diversità. Ricreare il senso di comunità, comunità di credenti che si ritrova a partire dalla propria fede e sa mettersi in discussione”, ha detto il prelato. Il pubblico è numeroso, la sala è piena fino all’orlo e chi è in ritardo attende fuori, seguendo l’intervento dai vari monitor sparsi per la fiera.

POST-CRISTIANESIMO E POST-VERITÀ

“Siamo nel tempo della post-verità, del pensiero liquido, del tutto e subito, dove i progetti sono sempre a breve termine, un tempo in cui siamo persi nel frammento”, ha detto Pizzaballa. “Non c’è posto per Dio e sappiamo che, dove Dio è assente, l’idea di uomo e del mondo cambia radicalmente”. Anche nella Chiesa ci sono fenomeni simili, ha spiegato: in Occidente “siamo nel periodo post-cristiano. Nella vita sociale comune assistiamo a un cambiamento radicale, non vi è più stata la trasmissione della fede nelle famiglie e il resto è venuto da sé”. Il cristianesimo occidentale, per secoli al centro nella Chiesa, se non altro in quella cattolica, oggi “non sembra più determinante nella Chiesa universale”: è questo il cambiamento epocale di cui si discute negli stand del Meeting. Cambiamento “in cui società, cultura, religione, non saranno più vissuti secondo i parametri ai quali siamo abituati”.

LA CONDIZIONE DEL MEDIO ORIENTE

Pizzaballa porta anche la sua analisi sul Medio Oriente: “Lì sono stati i conflitti a distruggere il tessuto sociale e a spazzare via la trasmissione della fede. L’antica coesistenza dei diversi popoli, già indebolita lungo il ‘900 dalle dittature arabe, è saltata definitivamente in questi ultimi anni e tutto ora è da ricostruire, ma non si sa come e con quali criteri”. Le guerre hanno così decimato la popolazione cristiana, “in gran parte emigrata o sfollata”. E anche ora che sembra volgere al termine, ha sottolineato, “è una sfida improba convincere la popolazione che è ancora rifugiata in qualche parte del Medio Oriente, in Giordania, Libano, Turchia, a rientrare nelle loro zone originali. Hanno paura del futuro, delle prospettive incerte, di una vita da ricostruire”. Sembra insomma “che anche in Medio Oriente, pur con dinamiche diverse, tutto concorra a spezzare definitivamente il legame con i nostri padri, a sradicarci da un mondo che non solo ci appartiene ma che come cristiani abbiamo contribuito a costruire e che ora ci sembra invece sempre più estraneo, non nostro”.

L’EREDITÀ E L’ESPERIENZA DEI BENEDETTINI

L’eredità, tema centrale di discussione nell’edizione di quest’anno del Meeting, “perché possa diventare tua e essere investita, deve essere compresa, ricevuta e accolta”, ha concluso il porporato. “Nella Bibbia tutto è eredità. Che rappresenta innanzitutto la terra e indica la stabilità, la continuità del possesso ricevuto”. San Benedetto, che il religioso ha preso come esempio, “giunto giovane a Roma nel sesto secolo, si aspettava di trovare la gloria imperiale e trovò l’inizio di un mondo di corruzione, dissolutezza e decadenza”. Da questo contesto nacque però il movimento benedettino: “Sono stati loro a salvare la fede, a trasmettere la cultura antica e a creare la civiltà europea. Non sono fuggiti dal loro mondo, condannandolo, ma lo hanno plasmato con la loro testimonianza, salvandolo e salvando un patrimonio enorme, un’eredità”. Mentre “una paura che tutti noi abbiamo è quella di perdere”. C’è però un perdere “che è la nostra salvezza, un perdere tutto che è indispensabile al guadagnare tutto”. Anche se con un rischio: “che non ci sia più differenza tra ciò che è mondano e ciò che è cristiano”. Una “frontiera fra le due cose”, per la quale “il discernimento è necessario”.

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