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Ecco come Amleto fa compagnia a Berlusconi e Alfano

(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)

Non so se occorra più un politico, uno psicanalista o un giallista per cercare di capire e spiegare ciò che sta accadendo in quella specie di triangolo delle Bermuda che sembra essere diventata l’area in cui si muovono direttamente o per interposte persone Matteo Renzi, Angelino Alfano e Silvio Berlusconi, con un occhio rivolto alle elezioni regionali siciliane del 5 novembre e l’atro alle elezioni nazionali previste, salvo sorprese, nella primavera dell’anno prossimo.

Alfano cominciò quattro anni fa a definirsi “diversamente berlusconiano” opponendosi alla decadenza di Berlusconi da senatore, dopo la condanna definitiva per frode fiscale e in applicazione retroattiva della cosiddetta legge Severino, ma rifiutandosi di rompere con gli alleati di governo che, da sinistra, quella decadenza vollero e permisero a scrutinio addirittura palese, per evitare che qualche esponente del Pd votasse segretamente a favore del Cavaliere. In fondo, si trattava solo della possibilità, condivisa nel Pd addirittura da un pezzo da novanta della dottrina giuridica come l’ex presidente della Camera Luciano Violante, di sospendere tutto per attendere che la Corte Costituzionale si pronunciasse sugli aspetti più controversi della legge Severino, peraltro imprudentemente approvata meno di un anno prima anche dal partito di Berlusconi.

Adesso Alfano, nel frattempo passato nel governo da vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno a ministro dell’Interno soltanto e poi a ministro degli Esteri, è tentato di diventare diversamente renziano, anche a costo di perdere altri pezzi del suo partito non più di “nuovo centrodestra”, come si chiamò alla nascita, ma di centro col nome di “Alternativa popolare”.

Ciò potrebbe tornare a rendere Alfano compatibile, oltre che con Renzi per comporre la prima metà del centrosinistra, anche con Berlusconi per comporre la prima metà del centrodestra. Ma come Renzi viene diffidato dalla sinistra a imbarcare Alfano, così Berlusconi da destra. Ma mentre Renzi sembra deciso a infischiarsene, Berlusconi no, o meno, perché non vuole confondersi ma neppure rompere con leghisti e post-missini. E ciò sia perché Forza Italia vi collabora in tre regioni importanti come Lombardia, Veneto e Liguria, sia perché non si sa mai. Congiunzioni astrali ed errori di avversari e concorrenti potrebbero anche riservare a Berlusconi la sorpresa di potere incollare dopo le elezioni i cocci di un centrodestra premiato nelle urne rispetto ai grillini e al Pd.

L’attrazione di Alfano nei riguardi di Renzi, nonostante i torti e gli sgarbi riservatigli dal segretario del Pd, irridendone per ultimo anche le dimensioni elettorali, salvo rendersi poi conto che esse potrebbero essergli utili per la partita siciliana, non può stupire più di tanto. Lo stesso Berlusconi, diciamo la verità, ne è stato attratto. E lo è tuttora, a dispetto dell’opposizione che gli fa praticare dai forzisti nelle aule parlamentari, salvo farli uscire dall’aula del Senato quando il governo corre davvero il rischio di essere battuto con i berlusconiani a ranghi completi. Ma soprattutto Berlusconi non esclude di poter essere piacevolmente costretto ad allearsi dopo le elezioni con Renzi per il bene naturalmente del Paese, se l’alternativa dovesse essere l’ingovernabilità.

Pure la Dc, anche quella di Aldo Moro, si dichiarava elettoralmente e politicamente “alternativa” al Pci per poi collaborarvi per esigenze che furono definite, fra il 1976 e il 1978, di “solidarietà nazionale”: versione ridotta, anzi ridottissima del “compromesso storico” inseguito da Enrico Berlinguer.

A pensarci bene, c’è dell’amletico nei rapporti con Renzi sia in Alfano sia in Berlusconi. Essere o non essere alleati del segretario del Pd? Il primo però prima delle elezioni, il secondo dopo. E ritrovarsi così curiosamente tutti insieme, a dispetto delle curve dello stadio nella campagna elettorale in corso – non dimentichiamolo – da almeno otto mesi, da quando cioè il mito renziano fu violato dalla sconfitta referendaria sulla riforma costituzionale.

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