Appena cinque ore dopo la diffusione dello statement ufficiale da parte della Press Secretary della Casa Bianca, in cui si scriveva che quello era il suo ultimo giorno di lavoro come stratega politico del presidente Donald Trump, Steve Bannon ha diretto una riunione di redazione di Breitbart News, il sito di informazione di destra che lui stesso aveva co-fondato, gettando le basi ideologiche del trumpismo prima che arrivasse Trump, e di cui è tornato a essere chairman con effetto immediato.
DENTRO BREITBART
Alex Marlow, il capo della redazione di Breitbart, ha accolto il rientro di Bannon con un messaggio in cui scrive che “abbiamo guadagnato un presidente esecutivo con il dito sul pulsante dell’agenda Trump”. L’amministratore delegato Larry Solov ha aggiunto che con il suo ritorno “il ritmo di espansione globale” sarà accelerato. Il New York Times Magazine ha dedicato questa settimana un lungo articolo a Breitbart, una pubblicazione che “dalla periferia del web è riuscita a diventare, a suo modo, un punto di riferimento nel panorama dell’informazione tradizionale”, e adesso con il ritorno di Bannon potrebbe avere ancora più spinta – in concorrenza a destra con Fox, la rete più amata dal presidente diventata megafono del trumpismo, e con altri siti di notizie molto conservatori come Drudge Report. Poi, oltre coloro che considerano Bannon un capo fantastico e vedono le mille opportunità positive nel suo ritorno, ci sono quelli che l’hanno scongiurato fino all’ultimo: una fonte anonima interna al sito ha detto a CNN Money che il modo “brusco e bombastico” con cui tratta le persone non è molto amato da alcuni dipendenti.
BANNON IL BARBARO
Ma Bannon è tornato, e in un’intervista a caldo rilasciata al Weekly Standard ha già tracciato la sua missione, in un’immagine: “Qualcuno ha detto: ‘è Bannon il Barbaro’. Certamente dovrò schiacciare l’opposizione. Non c’è dubbio”. C’è un target contro cui scagliare la furia vendicativa del Barbaro: i cosiddetti “globalists“, i globalisti, coloro che vogliono l’America fulcro dell’impegno globale, così lontani dal nazionalismo protezionista e isolazionista con cui Bannon ha pennellato le pareti dello Studio Ovale. Sono quelli che chiama, con disprezzo, i “West Wing Democrats”, ossia l’élite del potere trumpiano incarnata dagli Ivankner, per esempio, la coppia globalist newyorkese composta da Ivanka Trump e Jared Kushner, figlia prediletta del presidente e genero-in-chief .
I TARGET
“Javanka” è il soprannome coniato da Bannon per la coppia Kushner: loro e il loro entourage (un nome? Dina Powell, vice consigliere per la Sicurezza nazionale) hanno preso tantissima forza all’interno del cerchio ristretto presidenziale, e a loro si collega l’estromissione dello stratega e di altri personaggi che seguivano la stessa linea nazionalista. La sponda che hanno usata è quella dei Generali, forti nei loro ruoli al centro dell’amministrazione, dal Pentagono allo Studio Ovale, scelti da Trump come garanzia di serietà e rigore, ma che hanno visioni non in sintonia con Bannon (o con lo stesso presidente), leggendo l’impegno americano, col vettore militare in questo caso, come una costante e imprescindibile presenza globale. È chiaro perché istintivamente il presidente Trump, che vuole fare “l’America di nuovo grande” mettendo “l’America al primo posto” – ossia pensando prima, o solo, ai propri interessi nazionali e vedendo le crisi internazionali come qualcosa da cui stare alla larga –, ha visioni più vicine a quelle dell’ormai suo ex stratega, che a quelle degli Ivankner, degli ufficiali o di un gruppo di consigliori politico-economici guidato dall’ex uomo d’oro di Goldman Sachs Gary Cohn.
LA GUERRA
“#WAR” è l’hashatag che twittano editor di Breitbart come Joel Pollack. Ben Shapiro, un ex giornalista di Breitbart che è stato spesso in disaccordo, critico di Bannon, ha scritto in un fondo per il Daily Wire: “Bannon è profondamente vendicativo e supremamente ambizioso: ha già avuto il lavoro più potente che avrà mai. A meno che, naturalmente, il suo nuovo compito (adesso) non sia quello di distruggere Trump dall’esterno”. Ancora Shapiro: “Bannon non andrà subito dritto a Trump. Sarebbe stupido. Invece, fingerà di essere alleato di Trump nel combattere la palude dall’esterno (Drain The Swamp, drenare la palude di Washington, è uno dei motti trumpiani di campagna elettorale, un claim populista ideato da Bannon, ndr). […] Questo significa che Bannon andrà immediatamente contro un mucchio di vecchi nemici. […] Così Bannon farà finta che i riflettori siano davvero solo su Trump, affinché non sia ingannato da altri. Poi si rivolgerà a Trump”.
LA LINEA (E UNA DOMANDA)
La linea di Shapiro è complessa e di lunga gittata, interessante ma molto speculativa: quello che è quasi certo secondo i più informati tra i giornalisti americani è che già in queste ore a Breitbart si stanno preparando articoli pesanti contro Kushner, Ivanka, o contro il consigliere alla Sicurezza nazionale HR McMaster (di lui, diventato l’oggetto degli attacchi della destra trumpista e di quella nazionalista e suprematista, si crede che usciranno alcune indiscrezioni che lo dipingono come un alcolista). Ma anche i leader della maggioranza al Congresso, che hanno spesso ostacolato l’azione di governo di Trump, bloccandola con le dinamiche del partito odiate da Bannon e da ciò che lui rappresenta, potrebbero finire nel mirino. Bannon cercherà di guidare ancora più verso la sua destra la presidenza Trump, combattendo d’accordo fuori la Casa Bianca le posizioni più moderate all’interno dell’amministrazione. Jim Sciutto della CNN s’è fatto una domanda importante: ma non dovrebbe esserci qualche genere di restrizione che impedisca a una persona che ha avuto la security clearence che dà accesso al completo pacchetto di informazioni riservate, come nel caso di Bannon, di tornare a guidare così rapidamente un sito di informazione?