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Vi racconto l’idea sovietica di Berlusconi su euro e doppia moneta

Silvio Berlusconi_07

Le cronache estive raccontano che il programma del centro destra è pronto al 95%. Resta ancora aperto (ma davvero vale soltanto il 5%) la questione dell’euro. Ma Silvio Berlusconi avrebbe pronta una soluzione, creare un sistema a due monete: una, l’euro, per le transazioni internazionali; l’altra (la nuova lira?) per il mercato interno. A che pro? Un sistema monetario siffatto esisteva nei Paesi del socialismo reale: il rublo e le altre monete operavano a livello nazionale, ma all’estero questi Paesi dovevano commerciare a suon di dollari o di marchi. Esisteva un mercato nero del cambio; vi erano negozi riservati agli stranieri dove si acquistava soltanto con pregiata moneta occidentale ed era un reato grave il traffico di valuta estera. Per accontentare Matteo Salvini dobbiamo proprio metterci nei panni di Tafazzi? E trasformare la moneta nazionale in una brutta copia dei “buoni pasto”?

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“La signora Morte / fa la civetta in mezzo alla battaglia/ si fa baciare solo dai soldati/ forza ragazzi facciamole la corte/ diamole un bacio sotto la mitraglia”. Cantavano così le Camice Nere della Repubblica di Salò, inneggiando al vezzo nichilista della “bella morte”. Non è più o meno lo stesso cupio dissolvi dei terroristi islamici dei nostri giorni?

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Dopo la strage delle Ramblas in poche ore gli inquirenti hanno scoperto tutto sulla cellula terroristica: i covi, i piani, i complici, i collegamenti. Dell’imam ispiratore del gruppo hanno reso nota una sorta di curriculum vitae con tanto di fedina penale, che è rimbalzata sui tg di tutto il mondo. Insomma di lui si conosceva ogni mossa; tranne che potesse, un giorno o l’altro, mettersi ad organizzare degli attentati.

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Se si vuole la verità sulla morte di Giulio Regeni è necessario anche correre il rischio di far emergere aspetti che possono rivelarsi scomodi, a partire dal perché l’Università inglese per la quale svolgeva il dottorato di ricerca lo aveva mandato al Cairo a prendere contatti con il sindacato dei venditori ambulanti, senza preoccuparsi troppo dei pericoli a cui veniva esposto.

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Le Francescheidi

Le parole sono pietre, anche per un Papa. Un conto è predisporre una legislazione più generosa sul piano del riconoscimento della cittadinanza per chi, figlio di genitori stranieri, è nato in Italia (si chiama ius soli temperato da precisi requisiti anagrafici, scolastici e culturali). È tutto un altro paio di maniche affermare (sic et simpliciter) che quanti vengono alla luce in un Paese hanno diritto a diventarne cittadini, perché ognuno deve avere una nazionalità. Se valesse anche per noi, l’Italia diventerebbe una grande clinica ostetrica per partorienti. Forse sarebbe preferibile sperimentare questa dottrina attraverso il conferimento della cittadinanza dello Stato del Vaticano.



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