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Il mio ricordo di Bruno Trentin

BRUNO TRENTIN

Dieci anni orsono moriva a Roma Bruno Trentin. Non si era più ripreso da un incidente incorsogli tra le sue adorate montagne. Nei mesi scorsi sua moglie Marcelle (Marie) Padovani aveva autorizzato la pubblicazione (da parte della Ediesse, la casa editrice della Cgil) dei Diari di Bruno riguardanti i sei anni (dal 1988 al 1994) il cui era stato chiamato a soccorrere la Confederazione di Corso d’Italia, debilitata dalla inadeguata direzione di Antonio Pizzinato. Ho lavorato con questo grande leader sindacale, in diverse situazioni, per una trentina d’anni. Ho nutrito per lui sentimenti di affetto e di stima che continuerò a portarmi appresso lungo tutto il migrare dei giorni di vita che mi rimangono. Nei Diari, solo con se stesso, Bruno è severo, spesso cattivo, a volte ingiusto nel giudicare gli eventi e le persone. Ma, pensandoci bene, quegli scritti arricchiscono la sua personalità, perché le depressioni, i dubbi, le speranze deluse, al pari del desiderio ininterrotto e persino ossessivo di leggere, viaggiare, conoscere, ci restituiscono, di Bruno Trentin, non solo il leader a noi noto, ma anche l’essere umano, sconosciuto.

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Pochi giorni dopo, alle esequie laiche di Bruno nel piazzale della Cgil, in Corso d’Italia, Giovanna Marini cantò Les temps des cerises e We shall over come. Poi tutti intonarono insieme Bella ciao. Allo stesso modo di come termina il XXIV libro dell’Iliade: “Questi furono gli estremi onori resi ad Ettore, domatore di cavalli”.

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In memoria di Guido Rossi sono state ricordate le tante attività svolte da questo “grande borghese” attento a ciò che accadeva alla sua sinistra. Di lui vogliamo solo ricordare che, criticando la crescente ed inquietante “supplenza giudiziaria”, affermò che “il capitalismo non si cura in Tribunale”. Purtroppo non è stato ascoltato.



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