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Ong e migranti. Cosa prevede il codice di Minniti (che fa mugugnare Delrio)

Mentre il governo Gentiloni sta vivendo una non latente crisi che vede litigare il ministro dell’Interno Marco Minniti e il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, il codice di condotta del Viminale ha cominciato a produrre i suoi primi effetti. Delrio ha ricordato a Minniti che la guerra va fatta ai trafficanti e non alle ong. Per risposta il titolare del Viminale ha deciso di dare forfait al Consiglio dei Ministri, pur soggiornando a Roma. Scaramucce interne al governo a parte, a pochi giorni dalla firma del codice Minniti ha dimostrato di voler fare sul serio.

Sarà rimasto sorpreso chi pensava che il codice non avrebbe mai trovato applicazione pratica, quando l’altra sera alla nave di Medici Senza Frontiere, ong che non ha voluto firmare (a sorpresa) il codice, è stato impedito l’attracco a Lampedusa. Un’operazione forse più dannosa che utile diranno i critici, dato che del trasbordo dei migranti in alto mare se ne è dovuta occupare la Guardia Costiera italiana, con ulteriore spreco di energie e benzina. Da quando Minniti ha convocato al Viminale le ong, non sono mancati colpi di scena. Msf, la cui collaborazione era data per scontata, ha disertato all’ultimo con un comunicato del dg Gabriele Eminente. Ong più piccole come la spagnola Proactiva Open Arms o, di recente, la tedesca Sea Eye, hanno dato la loro disponibilità a firmare il codice.

Ecco tutti i punti del codice di Minniti che solo 4 ong hanno voluto firmare:

1) Conformemente al diritto internazionale pertinente, l’impegno a non entrare nelle acque territoriali libiche, salvo in situazioni di grave e imminente pericolo che richiedano assistenza immediata, e di non ostacolare l’attività di Search and Rescue (SAR) da parte della Guardia costiera libica.

Il primo punto non ha potuto creare problemi di coscienza fra le ong impegnate nei salvataggi. D’altronde non fa che rendere chiaro una regola la cui violazione comporterebbe un illecito di diritto internazionale: non si può superare la linea del mare territoriale di uno Stato sovrano, a 12 miglia dalla costa (anche se per la Libia di sovranità ancora non si può parlare) senza la sua autorizzazione. Dalle carte della procura di Trapani sarebbe però emerso che l’ong Jugend Rettet e (secondo indiscrezioni) Msf avrebbero violato quel limite.

2) Impegno a rispettare l’obbligo di non spegnere o ritardare la regolare trasmissione dei segnali AIS (Automatic Identification System) e LRIT (Long Range Identification and Tracking), qualora installati a bordo

Nessun mal di pancia anche su questo punto. È infatti severamente vietato spegnere i cosiddetti trasponder, ovvero gli apparecchi di localizzazione che permettono al centro di coordinamento di Roma (MRCC) di seguire gli spostamenti delle ong. L’accusa era partita dal rapporto di Frontex di maggio, per cui “alcune ong hanno spento i trasponder per molto tempo” nelle operazioni SAR nel marzo 2017.

3) L’impegno a non effettuare comunicazioni o inviare segnalazioni luminose per agevolare la partenza e l’imbarco di natanti che trasportano migranti

Una misura volta ad evitare qualsiasi contatto fra i trafficanti di vite umane e i soccorritori delle ong. Ovviamente fatte salve le segnalazioni luminose utili a coordinare le operazioni SAR in emergenza.

4) Impegno a comunicare al competente MRCC l’idoneità tecnica (relativa alla nave, al suo equipaggiamento e all’addestramento dell’equipaggio) per le attività di soccorso

Con questa clausola il Viminale chiede semplicemente che le ong assicurino un sufficiente livello di know-how del personale di bordo e garantiscano l’idoneità delle loro navi a salvataggi di massa (mass rescue). Su questo punto ha mugugnato soprattutto l’ong di fondazione tedesca Sos Mediterranee, per cui “la formulazione corrente è poco chiara e potrebbe condurre a differenti interpretazioni”.

5) e 6) Due disposizioni simili. La prima ricorda che “quando un caso SAR avviene al di fuori di una SRR ufficialmente istituita, il comandante della nave provveda immediatamente ad informare le autorità competenti degli Stati di bandiera”, così come il MRCC competente. La seconda obbliga, in conformità al diritto internazionale, a tenere aggiornato il MRCC delle operazioni SAR.

Tutte le ong hanno manifestato la disponibilità a collaborare con il MRCC di Roma. Tutte tranne una: la Jugend Rettet, che ha attaccato sulla prua della sua “Iuventa” un cartello con su scritto “Fuck MRCC”.

7) L’impegno a non trasferire le persone soccorse su altre navi

Punto assai controverso. Per SOS Mediterranee il trasbordo garantisce “che le persone salvate siano portate in un porto sicuro, mentre altre navi possono rimanere nella zona per salvare vite umane”. Qui si è impuntata anche Msf, per cui la regola “riduce l’efficienza e la capacità di salvare vite in mare”.

8) Impegno ad assicurare che le competenti autorità dello Stato di bandiera siano tenute costantemente informate

Regola che rimanda all’art. 94 comma 1 della celebre convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare firmata a Montego Bay nel 1982. L’articolo recita: “Ogni Stato esercita efficacemente la propria giurisdizione e il proprio controllo su questioni di carattere amministrativo, tecnico e sociale sulle navi che battono la sua bandiera”.

9) Impegno a cooperare con l’ MRCC, eseguendo le sue istruzioni ed informandolo preventivamente di eventuali iniziative.

Un punto che sostanzialmente ripete le disposizioni dei punti 5 e 6. Probabilmente non piace a Jugend Rettet.

10) L’impegno a ricevere a bordo, eventualmente e per il tempo strettamente necessario, su richiesta delle Autorità italiane competenti, funzionari di polizia giudiziaria affinché questi possano raccogliere informazioni e prove finalizzate alle indagini sul traffico di migranti e/o la tratta di esseri umani, senza pregiudizio per lo svolgimento delle attività umanitarie in corso.

Su questa disposizione si è scatenato un vero putiferio. Per la tedesca Sea Watch, in cima alle ong “ribelli”, “non ci dovrebbe essere alcun tipo di intervento delle autorità italiane in questo senso”. Msf ha fatto sapere al Viminale in una lettera che “la presenza a bordo di funzionari di polizia armati è contraria alla politica “no- weapons” che applichiamo rigorosamente in tutti i nostri progetti nel mondo”. Eccetto MOAS e Save The Children, la presenza di polizia a bordo costituisce un problema per tutte le altre ong.

11) L’impegno a dichiarare, conformemente alla legislazione dello Stato di bandiera, alle autorità competenti dello Stato in cui l’ONG è registrata tutte le fonti di finanziamento.

Trattasi della trasparenza finanziaria, che tutte le ong vantano di avere. C’è un sito, ngo-monitor.org, che ha il preciso scopo di mantenere trasparenti le ong. Starà alla procura di Trapani, che ha in mano le carte dell’indagine, rilevare eventuali violazioni.

12) L’impegno ad una cooperazione leale con l’Autorità di Pubblica Sicurezza del previsto luogo di sbarco dei migranti.

Disposizione volta a permettere eventuali indagini della polizia al momento dell’attracco della nave. In sostanza riunisce i punti 6 e 10.

13) Impegno a recuperare, durante le attività, una volta soccorsi i migranti e nei limiti del possibile, le imbarcazioni improvvisate ed i motori fuoribordo usati dai soggetti dediti al traffico/tratta di migranti e ad informare immediatamente l’ICC (International Coordination Centre) dell’operazione TRITON.

Lo scopo è quello di evitare che i trafficanti riusino i gommoni per una nuova tratta. Le foto del poliziotto dello Sco infiltrato su una nave di Save The Children incastrano la Jugend Rettet mentre lascia al largo delle coste libiche un gommone vuoto.

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