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F-35, i numeri e le bufale

A proposito dei caccia militari F-35 è stato detto e scritto molto, e non sempre a proposito. I nuovi girotondini dell’arcobaleno pacifista sono riemersi grazie ad una relazione della Corte dei Conti. Se solo l’avessero letta, si sarebbero risparmiati una figuraccia. I giudici infatti spiegano con chiarezza inequivoca perché il programma guidato dall’americana Lockheed Martin debba andare avanti. Siccome però il diavolo si nasconde nei dettagli, bisogna cogliere l’opportunità di un documento ufficiale ed indipendente per svelare una sorta di truffa mediatica perpetrata ai danni dell’opinione pubblica.

Facciamo un passo indietro. L’adesione italiana al progetto degli F-35 nasce con Beniamino Andreatta ministro della Difesa e trova conferma nei diversi governi di centrosinistra e centrodestra (Berlusconi ebbe un ruolo importante quando era a Palazzo Chigi). Con l’arrivo di Mario Monti, la mania della spending review colpisce anche l’industria militare, che già era ridotta a pane e acqua. L’esecutivo, cedendo alle polemiche di alcuni giornali ed avendo già in testa quella che sarebbe stata la discesa in campo con Scelta Civica, decise di tagliare il numero degli F-35 destinati al Paese da 131 a 90.

Cosa scrivono oggi i magistrati contabili? Nel rapporto si legge come sia stato “già riscontrato che i risparmi teoricamente ottenuti dalla diminuzione della flotta (5,4 miliardi) si siano riverberati in concrete perdite contrattuali (3,1 miliardi) che già ne hanno dimezzato il potenziale effetto, oltre alla perdita di ritorni industriali legata all’essere scesi sotto la soglia dei 100 velivoli”. Una vera e propria bomba politica passata praticamente sotto silenzio.

Certo, dopo aver fatto la guerra al programma adesso alcuni circoli editoriali chiedono che lo stabilimento di Cameri sia maggiormente impegnato. In gergo popolare, si potrebbe dire “cornuti e mazziati”. A spiegare bene la situazione ci pensa il generale Camporini, (nella foto), che ad Airpress avverte: “Gli inglesi stanno portando avanti l’acquisto degli F-35 in modo assolutamente coordinato tra le loro industrie. Alle ultime competizioni le nostre industrie si sono, invece, presentate l’una contro l’altra ed è stata una debacle”. Il vicepresidente dello IAI non ha dubbi “dobbiamo uscire dalla mentalità per cui il lavoro ci è dovuto, dobbiamo meritarlo”.

Si tratta di un ragionamento che impatta sul nostro tessuto di imprese e su Leonardo in particolare. Il generale Arpino ammette che a piazza Montegrappa “sono sempre stati divisi su questo programma” ed auspica un deciso cambio di passo da parte del nuovo ad, Alessandro Profumo. La suggestione più grande arriva però da un altro generale, Leonardo Tricarico, a capo del pensatoio Icsa fondato da Francesco Cossiga e Marco Minniti. “Ci sono già cinque Paesi europei che se ne stanno dotando: perché – si interroga  Tricarico – non trovare le ragioni per poter far fronte insieme, anche con gli Stati Uniti, a un processo di integrazione e, in un certo senso, europeizzare l’F-35? Si tratterebbe di una mossa coerente con quanto dichiarano da tempo i detrattori del programma, di voler costruire un’Europa della Difesa”.

Mettendo da parte le sagaci provocazioni e tornando al dibattito piccino della politica italica, c’è da sorridere a rileggere la relazione della Corte dei Conti e prendere nota delle dichiarazioni degli anti F-35 che spiegano che la posizione dei giudici è la loro. Il programma militare ha finalmente trovato nuovi sostenitori. A loro insaputa.

 

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