Domenica 13 agosto Hassan Nasrallah, il leader spirituale e materiale del gruppo politico/militare libanese Hezbollah, ha tenuto un discorso in occasione dell’undicesimo anniversario del cessate il fuoco della seconda guerra del Libano (combattuta da Hezbollah e milizie alleate contro l’esercito israeliano). Nasrallah ha usato i soliti toni propagandistici contro Israele e gli ebrei, stavolta ancora più duri perché rinvigorito da un sostegno costante (e storico) di un Iran riqualificato sulla scena diplomatica internazionale.
Il leader è l’ispiratore della principale tra le milizie sciite che Teheran usa come proxy geopolitico: per esempio, i libanesi sono la più sostanziosa stampella che la Repubblica Islamica ha messo a disposizione del regime siriano — anche domenica Nasrallah ha ricordato alla Guida suprema Ali Khamenei di essere pronto a impegnarsi ovunque lui voglia, in Siria come in Iraq, in Yemen o in Afghanistan.
Ha parlato con durezza anche perché sa che, complice il caos del conflitto siriano, la sua organizzazione ha acquisito maggiori capacità militari, “Hezbollah è più forte che nel 2006”. Una realtà: gli iraniani hanno passato a Hezbollah armi di vario genere, Gerusalemme tiene un costante tracciamento di queste consegne clandestine, ma il Mossad e lo Shin Bet sanno che qualcosa può essere sfuggito ai radar: “Il tempo in cui noi dovevamo essere minacciati da Israele sono finiti, ora loro devono essere minacciati da noi”, ha detto Nasrallah. Le intelligence israeliane credono da almeno un paio d’anni che quando la Siria raggiungerà un qualche genere di stabilizzazione, gli Hezbollah torneranno ad occuparsi dei propri interessi reali: far la guerra a Gerusalemme, come lo stesso predicatore ha sottolineato.
Lunedi lo stato ebraico ha risposto per bocca di Naftali Bennett, ministro dell’Educazione e leader del partito di destra La Casa Ebraica. Bennett ha dichiarato alla radio dell’esercito che qualsiasi genere di attacco operato da Hezbollah contro Israele sarà considerato “una dichiarazione di guerra da parte dello stato libanese”. È una dichiarazione molto forte, che tocca diversi piani — per esempio il sostegno che gli americani, alleati storici israeliani, danno anche all’esercito regolare libanese, o quello speciale che stanno fornendo adesso in vista di un confronto con lo Stato islamico sul confine sito-libanese.
Però d’altronde è stato lo stesso Nasrallah a ricordarne lo scenario. A proposito di una frase uscita dalla bocca del presidente americano, che durante una visita alla Casa Bianca ha ringraziato il capo del governo di Beirut per il lavoro di lotta al terrorismo svolto dal suo paese anche contro Hezbollah, Nasrallah ha detto domenica: “Trump dice che Stati Uniti e Libano sono partner nella lotta contro il terrore. Non sa nulla sulla politica libanese, noi siamo parte del governo qui”.
(Foto: Twitter, il discorso di Nasrallah)