Le elezioni in Sicilia sono il primo importante appuntamento politico italiano in calendario. Non foss’altro per la scadenza temporale i risultati costituiranno un punto di partenza e una base di valutazione per le successive elezioni nazionali che verosimilmente si celebreranno nel primo semestre del prossimo anno.
I partiti stanno lavorando in questi giorni alle possibili alleanze. E quello che emerge ad oggi è una sostanziale difficoltà sia per il centrodestra che per il centrosinistra a trovare dei punti di convergenza unitari sui rispettivi candidati.
Malgrado i rinnovati appelli all’unità di Silvio Berlusconi, infatti, il centrodestra non ha ancora trovato la quadra tra Nello Musumeci e Gaetano Armao: probabilmente alla fine potrebbe esserci un ticket per ricompattare la coalizione.
Il centrosinistra invece è diviso su due candidati: Claudio Fava e Fabrizio Micari, rispettivamente sostenuti da Mdp e Sinistra italiana il primo e da Pd e Ap il secondo. Accordi potranno avvenire tra i due probabilmente solo dopo il voto che, come è noto, prevede un sistema rappresentativo di tipo proporzionale.
Di là di come andranno a finire le cose, soprattutto se i due schieramenti tradizionali sapranno fronteggiare Giancarlo Cancelleri, candidato del M5S, quello che resta prioritario per tutti è proporre un programma credibile e forte per la Sicilia.
L’isola, infatti, non soltanto costituisce dal punto di vista politico senz’altro una regione di cruciale importanza strategica, la più speciale di quelle a statuto speciale, ma dentro i suoi confini, decisivi per la geopolitica del Mediterraneo, si raccoglie un microcosmo unico d’importanza assoluta, un vero tesoro nazionale.
Quest’estate, girando per lungo e per largo il territorio, mi sono reso conto dell’enorme potenziale non sfruttato, sia dal punto di vista umano che architettonico, oltre ai gravi problemi che sono presenti nella società. Il tema dell’abusivismo, emerso, ad esempio, alle cronache con le minacce e le dimissioni del sindaco di Licata Angelo Cambiano a seguito delle sue politiche di demolizione, è eloquente, ma anche la necessità di maggiore sicurezza e di una eroica lotta alla criminalità.
Penso pertanto che, al di là di chi riuscirà alla fine a spuntarla, sia molto importante che il prossimo governo metta in atto, utilizzando l’autonomia che la Regione possiede, un piano di lavoro chiaro, audace e ambizioso in grado di attuare con forza e perseveranza le enormi risorse umane, culturali, economiche e sociali presenti nel vastissimo ed eterogeneo territorio.
Andando, ad esempio, da Agrigento a Ragusa si nota subito, tra le bellezze paesaggistiche uniche al mondo, l’alto livello di abbandono delle infrastrutture e il tasso alto di povertà. Sicuramente la politica regionale dovrebbe concentrare i suoi sforzi per garantire lo sviluppo di queste vaste aree depresse che potrebbero crescere rapidamente dal punto di vista economico con nuove imprese e nuove iniziative.
Un altro aspetto importante è costituito dal grado di abbandono in cui versano alcuni posti bellissimi. Ad esempio a Fiumefreddo, in provincia di Catania, nella miracolosa spiaggia dove acqua dolce e salata si mescolano tra loro sotto il fumo dell’Etna, tra i ciottoli vi era un livello igienico di sporcizia intollerabile e, occorre dirlo, talvolta una vera e propria trasformazione delle rive in campi nomadi, con tanto di extracomunitari che adoperano le sorgenti libere dei fiumi per lavarsi o per erigere veri e propri accampamenti d’inciviltà.
Non si tratta di fare cose impossibili, ma di garantire con fermezza ordine e controllo legale del territorio.
L’esempio di Taormina è eloquente. Gli effetti del G7 hanno recato benefici visibili all’organizzazione del traffico in una delle perle di bellezza urbanistica del pianeta. Ciò significa che, governando, le cose possono migliorare bene e speditamente.
Gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Un serio progetto per la Sicilia, in fin dei conti, potrebbe portare in cinque anni, con una buona amministrazione, l’isola ad essere più pulita, più ricca e sicura, ottimizzando al massimo la varietà di paesaggio e l’unicità turistico-culturale che ne contraddistingue nel mondo fama, storia e tradizione anche enogastronomica.
Quello che manca alla Sicilia non è la Sicilia, ma una politica sana e forte, ambiziosa ed efficiente. Davanti a tutto ciò le dispute esasperate di questi giorni sulle candidature appaiono un ridicolo retaggio di inutilità, un’inservibile perdita di tempo che potrebbe rischiare di impedire di fare dopo quello che serve realmente e si promette oggi ai cittadini siciliani per migliorare la loro vita e valorizzare al meglio uno dei posti italiani più belli, colti e ospitali del mondo.