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Ecco perché Neymar ha mandato il mondo nel pallone

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Per lui succede come per i grandi: basta il nome per identificarli. Michelangelo oppure Leonardo o Raffaello. E allora, chiedendo scusa agli eruditi per l’irriverenza del paragone, ecco a voi Neymar, campione brasiliano che sta mandando il mondo nel pallone, perché ha firmato il contratto più alto nella storia – già da tempo economicamente in fuorigioco – dello sport più popolare nell’universo. Il giovanotto, indiscutibile talento di appena venticinque anni, è stato acquistato dal Paris Saint-Germain. Giocava nel Barcellona, dove con Messi e Suárez costituiva il tridente d’attacco più forte del pianeta. Con la nuova squadra ora guadagnerà qualcosa come trenta milioni di euro all’anno, ossia quasi 83mila al giorno. Perciò quando Neymar andrà a dormire, al risveglio avrà accumulato insieme coi sogni un gruzzolo di quasi trentamila euro in banca. Per ogni secondo che passa, il campione incasserà poco meno di un euro.

A fronte del Bengodi, vien perciò da sorridere che, nella sua prima conferenza stampa, il calciatore super-privilegiato (la sola clausola rescissoria pagata dal club francese ammontava a 222 milioni di euro), abbia detto ai nuovi tifosi: “Sono qui per ambizione, cercavo nuove sfide, il denaro non mi ha mai mosso”. Neymar è una stella, e ha tutto il diritto di cercare la felicità dove vuole e con chi vuole. Ma perché non riconoscere che la faraonica novità economica magari ha avuto il suo discreto peso nella scelta? Non diverse, del resto, sono le dichiarazioni di importanti giocatori europei o sudamericani ingaggiati, con compensi a svariati zero, da squadre in Cina, dove il calcio non è ancora in cima ai pensieri della gente. Sembra che vadano in Asia come Marco Polo, e non perché attirati da compensi inimmaginabili.

I soldi, e non solo le idee o le passioni, muovono il mondo: è triste ammetterlo, ma ancor più triste sarebbe negarlo o ridimensionarlo. Muovono soprattutto il mondo del calcio, dove i diritti televisivi, gli investimenti arabi, cinesi, nordamericani, gli sponsor, i procuratori dei calciatori, tutto ciò che ruota attorno agli stadi in nome della squadra del cuore ha trasformato lo sport. La vittoria è l’aspirazione di un’immensa gioia collettiva, ma anche un affare che travalica magliette e frontiere, capitani e portieri, coppe da alzare in campo e fantacalcio in casa tra amici. Facciano tanti gol e belle azioni. Ci facciano sognare. Ma non ci prendano in giro.

(Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)

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