In un contesto estremamente favorevole – 17 trimestri consecutivi di crescita nell’Eurozona – si conferma la ripresa dell’economia italiana, a livelli però ancora insufficienti per rilanciare sensibilmente gli investimenti e assorbire la disoccupazione, analizzando la prima stima del Prodotto interno lordo del secondo trimestre 2017.
Lo 0,4% trimestrale e soprattutto l’1,5% nei confronti del secondo trimestre del 2016 dimostrano che sta lentamente ritornando la fiducia. Si conferma infatti il contributo positivo dal lato della domanda interna (anche se l’Istat sfortunatamente non pubblica il dettaglio sulle sue componenti, disponibile invece nel resto d’Europa), mentre l’apporto negativo della componente estera netta va letto come un segnale di ripresa degli investimenti e quindi di acquisto dall’estero di macchinari e beni durevoli.
Altrove, però, il Pil corre a ritmi ben più sostenuti e il gap tra l’Italia e i principali partner commerciali e finanziari si amplia quasi inesorabilmente ad ogni trimestre. Stati Uniti e Regno Unito sembrano immuni dagli shock politici, e gli emergenti dimostrano solidità. A inquietare è però soprattutto che il Pil cresca costantemente a un ritmo superiore anche in Germania e Francia, per non parlare della Spagna. Prima o poi San Super Mario dovrà cominciare a stringere i cordoni della borsa dell’Eurotower e l’Italia rimarrà l’unico Paese del G20 con un Pil inferiore al livello pre-crisi.
La strada per la ripresa è tracciata? I dati di oggi e la crescita acquisita del Pil lasciano presagire un buon risultato per il 2017, finalmente e robustamente oltre lo zero virgola. Ma per ripianare le devastazioni della Grande Recessione con gli investimenti, oltre che della mano esperta del ministro dell’Economia nel salvaguardare i conti pubblici, l’Italia ha bisogno di riforme di struttura più ambiziose del semplice palliativo degli incentivi.