L’ipotesi di aggregazione tra Fiat Chrysler Automobiles e una delle principali case automobilistiche cinesi ha perso un po’ del suo vigore rispetto a quando, lunedì scorso, il sito di Automotive News aveva pubblicato l’indiscrezione in merito a una possibile operazione sull’asse Torino-Pechino.
Ieri infatti i quattro potenziali acquirenti cinesi accostati al Lingotto hanno negato (seppur con sfumature diverse) l’interesse a comprare Fca. Lo ha riferito il giornale finanziario Jingji Guancha Bao (Economic Observer) dopo aver contattato Great Wall Motors, Dongfeng, Geely e Guangzhou Automobile (Gac), ossia i gruppi che inizialmente erano stati tirati in ballo per un possibile acquisto della casa italo-statunitense. Come si legge nell’articolo pubblicato da Jingji Guancha Bao, il portavoce di Geely ha chiaramente smentito la possibilità di un’acquisizione: «Non abbiamo questa intenzione», ha detto ai giornalisti cinesi l’executive director Gui Shenguye.
Non hanno invece dato una risposta chiara Dongfeng e Gac, che si sono limitate a una reazione laconica: «Non abbiamo mai sentito questa notizia; non ne sappiamo nulla». Gac, società che partecipa joint venture con Fiat Chrysler in Cina, ha tra l’altro chiesto delucidazioni al gruppo italoamericano: «Attendiamo una risposta dal nostro partner». Uno dei responsabili di Gac ha tra l’altro affermato di aver appreso la notizia su Internet: «Non è la prima volta che simili indiscrezioni circolano sulla stampa, è già successo almeno altre due volte». Secco «no comment» infine da parte di Great Wall Motors.
Sulla stampa del Paese asiatico invece i giudizi sono stati piuttosto netti. L’interesse dei quattro gruppi cinesi è «una notizia probabilmente falsa», ha spiegato un analista cinese all’Economic Observer. «È il tentativo di creare l’illusione che vi siano tanti gruppi cinesi in competizione per l’acquisto di Fiat Chrysler Automobiles». È come un serpente che vuole ingoiare un elefante: «Great Wall o Dongfeng, nessuno riuscirà a ingoiare la Fca», ha titolato Zhongyang Renmin Guangbo Diantai (China National Radio).
Secondo i broker occidentali, invece, il presidente statunitense Donald Trump potrebbe rappresentare un ostacolo politico a un merger tra Fca e una casa automobilistica cinese, dato che l’inquilino della Casa Bianca non vedrebbe di buon occhio il passaggio sotto il controllo di Pechino del terzo gruppo americano del settore. Tuttavia nelle sale operative, a prescindere dalla concretezza delle potenziali offerte cinesi, si ritiene che la notizia abbia «riacceso l’appeal speculativo» magari accelerando le decisioni di altri potenzialmente interessati al Lingotto, come forse Volkswagen. Anche se probabilmente perché si muova qualcosa bisognerà attendere il termine dell’indagine delle autorità statunitensi sui motori diesel negli Usa. Sergio Marchionne, numero uno di Fca, d’altronde è stato il primo ceo a dichiarare apertamente che il settore automobsilitico mondiale ha bisogno di un ulteriore round di consolidamento perché specialmente nei segmenti mass-market i costi di produzione ormai schiacciano i margini in misura poco sostenibile.
(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)