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Fincantieri, Tim-Telecom e Libia. Che cosa succede davvero fra Italia e Francia

Settimana densa di novità per i dossier aperti tra Italia e Francia: riguardano la direzione e controllo di Tim da parte di Vivendi; la fornitura di navigio militare al Qatar da parte di Fincantieri, che è impegnata nella contrastata acquisizione dei cantieri navali francesi STX; il ripensamento di Parigi sul collegamento ferroviario Torino-Lione; lo scacchiere Libia.

Cominciamo da Tim. Giovedì 27 luglio è data notizia dell’inizio dell’attività di direzione e coordinamento di Vivendi nei confronti di Tim. Appena tre giorni dopo, lunedì 30, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha annunciato di aver ricevuto una nota del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda volta a sollecitare “una pronta istruttoria” al fine di valutare la sussistenza di obblighi di notifica e, più in generale, l’applicazione del golden power previsto dal decreto-legge 21/2012. Possono rilevare, infatti, anche situazioni gestionali, e non solo il controllo azionario di fatto che deriverebbe dalla detenzione da parte di Vivendi del 23,9% del capitale di Tim. Lo Stato italiano ha infatti “poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni”, non solo nel caso di scalate ostili ma anche al verificarsi di situazioni eccezionali nelle aziende che operano nei settori definiti strategici, per via del grave pregiudizio alla sicurezza ed al funzionamento delle reti.

Si tratta di verificare gli effetti della dipendenza da un soggetto straniero della principale rete nazionale di comunicazioni e di quella internazionale che fa capo a Sparkle, su cui transitano il traffico ed i dati di un numero sterminato di Paesi. Fra i collegamenti strategici basta ricordare l’Itur, che collega l’Italia con la Russia passando per la Ucraina e la Turchia, e l’anello con cui Mediterranean Nautilus assicura le comunicazioni di Israele verso il resto del mondo. C’è da rilevare, infatti, che numerosi Paesi del Mediterraneo non hanno collegamenti diretti tra di loro né con il resto del mondo, ma solo triangolari passando per l’Italia: anche tra Egitto ed Israele non vi è alcun collegamento diretto. Le reti internazionali gestite dagli operatori di Italia e Francia, non solo nel Mediterraneo, si presentano come alternative geopolitiche, più che economiche: se un operatore francese controlla quello italiano, salta un delicato equilibrio.

Passiamo alla vicenda Fincantieri. Mentre gli orologi sono stati fermati fino al prossimo vertice bilaterale che si terrà a Lione il prossimo 27 settembre, Fincantieri ha segnato un punto a suo favore. A margine della visita a Doha del nostro ministro degli Esteri Angelino Alfano al suo omologo qatariota Mohamed Al-Thani, è stata annunciata la firma del contratto di acquisto da parte del Qatar di sette navi da guerra. E’ il seguito del Memorandum di intesa per la cooperazione navale stipulato nel giugno di un anno fa tra il nostro ministro della difesa Pinotti ed il collega al Attiyah. Fincantieri ha dimostrato di avere la capacità di competere sul piano internazionale anche per quanto riguarda il naviglio militare. Nella acquisizione dei cantieri francesi Stx occorre mantenere distinti i due aspetti, il business delle navi da crociera dalle commesse militari. Queste ultime hanno un profilo altamente politico, in cui la Francia farebbe valere il suo peso preponderante: dovremmo subirlo, amputando inevitabilmente la nostra iniziativa diplomatica.

Macron non è riuscito a replicare nel conflitto tra i Paesi del Golfo coalizzati contro il Qatar quel ruolo di mediatore che è riuscito ad conquistarsi, finora solo mediaticamente, organizzando alle porte di Parigi l’incontro tra il presidente Al Serraj ed il generale Haftar, per tentare la pacificazione in Libia: è saltato, infatti, l’incontro già pianificato dall’Eliseo con l’Emiro del Qatar.

Con il Qatar, verso cui aveva manifestato una profonda ostilità sin dalla campagna elettorale, Macron perde anche una sponda verso l’Iran, che vorrebbe sottrarre all’orbita di Cine e Russia, come sembra anche intenzione degli Usa. La sua aperta ostilità verso le acquisizioni da parte cinese di imprese europee ricche di know-how e tecnologia, è stata ripresa anche in relazione alla partnership esistente tra Fincantieri e la China State Shipbuilding Corporation (CSSC) per la costruzione in Cina di navi da crociera per il mercato cinese. E’ una posizione che ribalta lo spirito dell’Accordo stipulato nel marzo 2014 tra il presidente del Consiglio francese Bernard Cazeneuve e il primo ministro cinese Li Keqiang per il trasferimento di tecnologia nucleare francese. E’ come per Fincantieri: se non è una nuova marcia indietro, poco ci manca.

La terza questione riguarda la costruzione della Torino-Lione. A rimettere tutto in discussione è stato lo stesso presidente Emmanuel Macron, che il 17 luglio ha cinguettato così: “Non si possono promettere aeroporti e linee ferroviarie ad alta velocità alla Francia intera”. Due giorni dopo, il ministro dei trasporti Elisabeth Borne ha preannunciato all’Assemblea nazionale “una pausa di riflessione” anche sulla realizzazione della tratta Lione-Torino. Per il governo italiano sarebbe davvero una grossa grana in meno, con il vantaggio di scaricare ogni responsabilità su Parigi.

Infine, c’è la vicenda libica che si è arricchita di numerose novità. Entrambi i rami del Parlamento italiano hanno approvato le risoluzioni che approvano la missione in Libia, richiesta formalmente dal governo di Tripoli guidato da al-Sarraj. Saranno coinvolte tre navi, una per la logistica, un trasportatore costiero ed un pattugliatore, al fine di supportare la Guardia costiera libica, operando in accordo con le autorità locali.

Le reazioni ostili del generale Haftar, l’uomo forte di Tobruk, e di Saif al Islam Gheddafi, figlio ed erede politico del premier libico ucciso il 20 ottobre del 2011, non si sono fatte attendere. In una intervista giornalistica, il primo ha dichiarato: “Noi siamo impegnati in prima linea nella lotta contro il terrorismo. Ci stupisce dunque che un paese amico come l’Italia interferisca tanto indebitamente nelle nostre operazioni. Non posso dunque che confermare che qualsiasi nave militare italiana o di qualsiasi altro paese che entrerà nelle nostre acque senza la nostra autorizzazione verrà bombardata dalle nostre forze”. Il secondo, rivolgendosi ad un emittente televisiva libica, ha affermato: “Gli italiani stanno ripetendo lo scenario della Nato provocando i sentimenti dei libici, il loro amore per la patria, con l’invio di navi da guerra che violano la sovranità della Libia a causa della condotta irresponsabile di alcuni funzionari libici”. S’odono i tamburi rullare.

C’è un però. Il presidente Macron, invitando il generale Haftar a Parigi per incontrare il presidente al-Sarraj, lo ha sicuramente legittimato, sottraendolo di fatto alla tutela della Russia. D’altra parte, isolando l’Italia che aveva sostenuto solo al-Sarraj, si è fatto sponsor di Haftar e soprattutto ne è divenuto il responsabile politico dinnanzi alla intera comunità internazionale. Sarebbe una posizione assai incomoda, soprattutto se Haftar volesse passare dalle parole ai fatti contro le navi italiane: non potendo fermare l’iniziativa italiana a sostegno di Serraj, che è perfettamente legittima dal punto di vista della legalità internazionale, Parigi dovrà tenere a freno i bollenti spiriti di Haftar. Roma si comporta in Libia come ha fatto Mosca in Siria: con la enorme differenza che appoggia il governo legittimo ancorché debolissimo di al-Sarraj, che è sostenuto dalla intera comunità internazionale, anziché il Premier sanguinario di cui tutti vorrebbero disfarsi.

Tim, Fincantieri, Torino-Lione, Qatar, Libia: Roma deve continuare a giocare di fioretto, approfittando degli errori altrui. Per nostra fortuna, sempre più numerosi.


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