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Che cosa nascondono le ultime sortite di Erdogan sulla Germania

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Recep Tayyip Erdogan ci riprova. Dopo il successo nell’orientare il voto all’estero del referendum costituzionale lo scorso 16 aprile, adesso spera di influenzare le preferenze dei turchi che vivono in Germania e che si recheranno alle urne il prossimo 24 settembre per le elezioni federali, che determineranno la composizione del nuovo Bundestag e dove il Cancelliere uscente, Angela Merkel, cerca la quarta, storica, riconferma consecutiva.

“Faccio appello ai miei compatrioti in Germania – ha detto Erdogan dopo la preghiera del venerdì – i cristiano-democratici, i socialdemocratici e i verdi sono tutti nemici della Turchia. Sostenete partiti che non siano nemici del nostro Paese. Li invito a votare per partiti che non abbiano manifestato attitudini aggressive come questi nei nostri confronti e a dare loro una lezione alle urne”.

Le reazioni non si sono fatte attendere e sono state dure. Angela Merkel, capo dei cristiano-democratici della CDU, le ha bollate come ‘intollerabili’. Martin Schulz alla testa dei social democratici della SPD ha parlato di ‘limite oltrepassato’. Come scritto a inizio mese proprio su Formiche.net, la Germania da qualche settimana ha avviato un nuovo modo di rapportarsi alla Turchia, molto meno indulgente, anche in sede europea. A fine luglio, Berlino ha chiesto che venga interrotto il flusso di fondi propedeutici all’ingresso di Ankara nell’Unione Europea ed è tornata a essere una fiera oppositrice della partnership piena della Mezzaluna. Quindi che Erdogan se la sarebbe presa e che avrebbe cercato di rendere ancora più difficile il cammino verso le urne del 24 settembre, i due leader politici lo hanno certamente messo in conto. In Germania ci sono circa 3 milioni di turchi di cui 1,5 con il diritto di voto. Al referendum andarono a votare in 600mila e il 63% disse sì alla riforma di Erdogan. Segno che le parole del presidente turco possono incidere e anche parecchio.

Tuttavia, viene da chiedersi che cosa auspichi il presidente, visto che nei partiti che hanno ricevuto il suo anatema ci sono le forze che potrebbero affermarsi con in modo più netto alle prossime elezioni. Se poi il presidente avesse realmente a cuore le sorti dei turchi che vivono in Germania, dovrebbe ricordare che il voto del prossimo 24 settembre rappresenterà anche un test per Alternative für Deutschland, populista, marcatamente di destra e che certo potrebbe implementare o influenzare politiche interne ed estere ben più conservatrici di quelle di Angela Merkel o Martin Schulz, i due grandi sfidanti alle prossime elezioni.

E questo a Erdogan potrebbe persino fare comodo, posto che, ormai lo sappiamo, è un politico che cerca la frattura più che la conciliazione. Un’Europa più di destra e beceramente nazionalista può solo essere una spinta per la radicalizzazione delle comunità islamiche, non solo turche, che vivono all’estero. Ma c’è un’altra ipotesi che arriva dal voto olandese. Mentre erano tutti comprensibilmente presi a festeggiare la mancata affermazione del Pvv, il partito nazionalista e islamofobo di Geert Wilders, in pochi si sono accorti che per la prima volta in parlamento sono entrati tre esponenti del partito ‘Denk’, in italiano ‘pensa’, nato da due politici turco-olandesi, Tunahan Kuzu e Selcuk Ozturk, che avevano lasciato il partito socialista in polemica con le loro politiche migratorie.

Il fine ultimo di Erdogan potrebbe proprio essere questo: spingere alla formazione di partiti di immigrati, dove attraverso i quali infiltrare i Fratelli Musulmani nella politica europea e nelle società dei singoli stati. Se così fosse, l’Europa nazionalista, xenofoba e populista gli sta facendo un grande favore.

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