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Vi svelo tutte le bufale sui vaccini. Parla il presidente dei pediatri

A luglio il Parlamento ha modificato in legge il decreto Lorenzin, che istituisce l’obbligatorietà di dieci vaccini per i minori fino ai 16 anni che si iscrivono a scuola. Una legge che ha fatto molto discutere, provocando l’insurrezione del popolo free-vax. Il Parlamento ha ammorbidito il decreto originale, limitando le sanzioni alle famiglie inadempienti ad un massimo di 500 euro (prima erano 7500) ed eliminando la possibile revoca della patria potestà per i genitori che rifiutassero di mettersi in regola. Non sono mancate, tuttavia, alcune prese di posizione critiche, anche rispetto alle difficoltà di attuazione del provvedimento.

Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria, e responsabile dell’Unità operativa complessa di Pediatria generale e Malattie infettive dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, come giudica la legge?

È il miglior risultato che si potesse ottenere nel contesto socio-culturale del momento.

Secondo lei era preferibile la prima versione del decreto?

L’importante è stato arrivare a questa soluzione, soprattutto nell’interesse dei minori. Purtroppo in Italia si sono create condizioni di ignoranza sanitaria in senso lato che imponevano di prendere dei provvedimenti per tutelare il diritto alla salute. Io spero che nel giro di qualche anno il vaccino venga vissuto come un diritto e non sia più necessario l’obbligo. Di certo la legge risolve una situazione di iniquità, perché prima non in tutte le Asl d’Italia i pazienti avevano le stesse tutele. Penso al Lazio in cui bisognava pagare l’antimeningococco, per esempio.

Cosa manca a questa legge?
Tutto è perfettibile, e io spero che nei prossimi due o tre anni si aggiusti il tiro e si rimedi alle falle del sistema, che sicuramente emergeranno. Bisogna considerare che i centri vaccinali non sono omogeneamente efficienti in tutta Italia, e resta il problema del blocco delle assunzioni. A queste lacune occorrerà far fronte. Mi auguro che si possa tornare ad un regime di ordinarietà. C’è da dire che se tutti si fossero vaccinati per tempo, non ci saremmo trovati in queste condizioni

Lei ha sostenuto che dietro al mondo “no-vax” ci sarebbero “vergognosi interessi economici”. Cosa intende?

Premessa: è acclarato, ormai in maniera indiscutibile, che non esiste nessun nesso fra vaccinazioni e autismo. Lo dicono infiniti studi, lo dice l’Oms. La bufala nasce da uno studio del medico britannico Andrew Wakefield (poi radiato), che aveva anche lui interessi commerciali (il reporter Brian Deer scoprì che Wakefield voleva commercializzare un kit diagnostico di sua invenzione, qui tutta la storia, ndr). La connessione fra vaccini e autismo, per la scienza, è fraudolenta. Alla luce di ciò, definireste etico il comportamento di chi si ostina a voler convincere un genitore che suo figlio è autistico perché è stato vaccinato, con lo scopo di intentare cause e ottenere risarcimenti?

Eppure non mancano i critici…

Difficilmente fra questi personaggi si trovano laureati in medicina o specialisti in igiene e pediatria, fateci caso. È un mondo piuttosto particolare fatto di naturopati, farmacisti, osteopati, e le associazioni sono spesso in mano ad avvocati. Che deduzione possiamo trarne? Forse che chi si rifà a certi argomenti non lo fa in buona fede né nell’interesse della sanità pubblica. Danneggia tutti, soprattutto i più deboli. Certo, credere di aver trovato le cause per la malattia del proprio figlio può aiutare molto, soprattutto psicologicamente, ma non fa l’interesse dei bambini. Lucrare su questo è vergognoso. E su questo ha grosse responsabilità il servizio sanitario nazionale, che dovrebbe essere l’ombrello di tutela per le famiglie di chi soffre di autismo o di una malattia rara: non devono mai sentirsi sole.

Però le controindicazioni ai vaccini esistono. Quanto incidono le reazioni avverse?

Esistono certo, e peraltro io sono fra gli autori de “I vaccini e le vaccinazioni”, uscito a luglio, dove si parla anche delle controindicazioni. Siamo noi stessi specialisti i più interessati a un’analisi scientifica delle reazioni. Esistono le controindicazioni permanenti, che sono rarissime, e quelle temporanee che riguardano per esempio chi fa una terapia immunosoppressiva. Le reazioni avverse sono graduate secondo una scala precisa, da lievi a gravi. Il problema nasce nel momento in cui, in certi ambiti, viene esaltato il discorso delle reazioni avverse citando nelle statistiche le segnalazioni di sospette reazioni avverse, che sono migliaia. Ma facciamo un esempio: nel 2014, in Italia, le segnalazioni di sospette morti dovute ai vaccini sono state 69. Attenzione: sospette. Le successive analisi hanno dimostrato che nessuno dei decessi era causato dal vaccino. Altro esempio: la reazione più grave è considerata lo shock anafilattico. Uno studio svolto in Usa ha stabilito che, in 20 anni e su 33 milioni di dosi di vaccino, un solo caso di anafilassi è risultato correlabile – non necessariamente correlato – alla vaccinazione.

Ci sono paesi in cui la vaccinazione è soltanto raccomandata, eppure la copertura è soddisfacente. Chi ha sbagliato, in Italia, e come evitare di rifare lo stesso errore?

Sbagliamo tutti, e c’è stato un concorso di errori. Uno di questi è stato minimizzare e banalizzare i rischi legati alle malattie infettive. Non se n’è più parlato. C’è poi stata una perdita del rapporto fiduciario medico-paziente, responsabilità sia dei medici che della società. E poi disinformazione, crisi delle istituzioni, giornalisti che non hanno fatto bene il loro lavoro. In Italia abbiamo un problema radicato di analfabetismo sanitario, siamo agli ultimi posti in Europa, per questo occorre agire a 360 gradi: riportiamo l’educazione sanitaria nelle scuole elementari. Serve una crescita culturale e, aggiungo, un maggior rispetto delle Istituzioni. Sono state messe in discussione le società scientifiche, che pure esprimono dirigenze con un riconoscimento inter pares. Queste vanno tutelate: ricordo che i regimi illiberali iniziano tutti con la delegittimazione della comunità scientifica e intellettuale.

E internet?

È uno strumento meraviglioso, ma va normato. Non è possibile che si possa scrivere ciò che si vuole, offese comprese, senza avere conseguenze. Non è tollerabile che siano vilipesi un Ministro o un Presidente in quanto Istituzioni.

Tornando agli interessi economici, i no-vax sostengono che i vaccini sono un affare per Big Pharma.

Le aziende farmaceutiche non sono opere di bene. In esse vi lavorano migliaia di persone, compresi alcuni ricercatori che magari vincono il Nobel. Per produrre un vaccino servono grandi investimenti senza certezza di risultati, fino a dieci anni di ricerca, su dieci linee, e non sempre gli investimenti vanno a buoni fine. Anche in questo campo va fatta cultura. Io non mi sorprendo che le case farmaceutiche, in una società come la nostra, vogliano fare un profitto, ma esistono regole e controlli. Ci sono stati scandali? Benissimo, perseguiamo chi si è comportato male, ma senza per questo mettere in dubbio i vaccini, che peraltro non sono il miglior affare per le aziende: ci sono farmaci biologici che costano molto di più, per non parlare di quelli oncologici. Nelle parafarmacie esistono certi prodotti, del tutto inutili, dai costi esosi, e nessuno dice nulla. E per quanto riguarda il medico vaccinatore: il suo stipendio non cambia se fa più vaccini.

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