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Come stanno davvero le banche russe?

israele, VLADIMIR PUTIN

Con una decisione arrivata in settimana la Banca centrale russa ha deciso di entrare nel capitale di B&N, un istituto di credito arrivato al punto del collasso finanziario. I soldi sono quelli del Fondo per il consolidamento del settore bancario: insomma, nessun investimento extra, si tratta di una spesa che le casse dello stato sono in grado di assorbire. Ma al momento né la governatrice, Elvira Nabyullina, né tanto meno i suoi più stretti collaboratori hanno fatto sapere di che cifra si tratta. La sola cosa certa è che la Banca centrale diventerà il primo socio di B&N, e quindi è corretto parlare di nazionalizzazione.

In Russia si parla di una mossa preventiva per evitare problemi più grossi nei prossimi mesi. “Abbiamo tutte le risorse necessarie per fare fronte agli impegni, i nostri clienti non si devono preoccupare”, si è affrettato a dire il numero uno del gruppo, Evgeny Davidovich. “Siamo una delle banche più capitalizzate in termini di attività: se sarà necessario, venderemo qualcosa“, ha aggiunto Mikhail Shishkhanov, quello che sino all’inizio della settimana è stato il principale azionista di B&N con una quota vicina al 60 per cento. L’altro grosso socio è suo zio, l’oligarca Mikhail Gutseriyev. E’ stato lui a chiedere l’intervento della Banca centrale. La finanza non è l’unico settore in cui Shishkanov e Gutseriyev si muovono insieme. I due possiedono per esempio il gruppo Safmar, e Safmar controlla il gigante del commercio tecnologico Eldorado, con centinaia di punti vendita in tutto il paese. Lo scorso dicembre Safmar ha ottenuto il via libera per acquisire M.Video, che poi sarebbe il grande rivale di Eldorado sul mercato russo. “Le banche non sono un business, ma un veicolo finanziario”, ha detto Gutseriyev in una vecchia intervista a Forbes che il Financial Times ha deciso non a caso di riprendere negli ultimi giorni: “La banca sta al business come le munizioni stanno a una pistola”.

Nabyullina, 55 anni, già consigliere economico di Putin prima di prendere la guida della Banca centrale, ha il compito non facile di guidare l’economia russa nel periodo di massima tensione. Da una parte il prezzo del petrolio stabile attorno ai 50 dollari a barile (ma a Mosca pensano che possa di nuovo calare sino a 40 nel 2018), dall’altra le sanzioni economiche dell’Europa e degli Stati Uniti che puntano proprio sull’industria energetica e sul suo braccio finanziario (basta guardare a quel che accade agli italiani di Intesa SanPaolo dopo l’accordo con Rosneft). In confronto il caso B&N è un affare di poco conto. Ma si tratta comunque del secondo salvataggio che Nabyullina è costretta a chiudere rapidamente nel giro di tre settimane. Prima è toccato a Otkryte (“otkryte” significa “aperta”), che era sull’elenco delle dieci banche più importanti del paese, un’operazione costata sei miliardi di euro. Per B&N, almeno secondo le voci arrivate alle scrivanie del quotidiano Kommersant, se ne spenderanno fra tre e mezzo e cinque. “La storia di Otkrytie e quella di B&N sollevano molte domande sul vero stato delle banche private”, ha detto a Bloomberg l’analista finanziario Dmitry Polevoy di ING Groep NV: il timore di alcuni è che Nabyullina non abbia a che fare con una serie di crisi isolate, ma con un problema strutturale.

Occorre però notare che i guai di Otkryte e N&N erano ben conosciuti (anche per questo il quotidiano Vedomosti scrive apertamente: “La Banca centrale sapeva tutto ma non ha comunicato nulla”). All’inizio di agosto Alfa Capital Investment ha scritto sul suo bollettino mensile che i due istituti sarebbero andati incontro alla catastrofe entro l’autunno. Quel rapporto ha ricevuto critiche pesanti dalle autorità russe, e Alfa ha deciso di fare un passo indietro, definendo “non corrette” le proprie informazioni. Oggi sappiamo che Alfa non aveva tutti i torti. Sulla scheda in questione c’erano i nomi di altri due istituti: Moskovsky Kreditiy Bank e Promsvyazbank.

(Brano estratto dalla newsletter settimanale Volga a cura di Luigi De Biase)

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