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Perché Maria Elena Boschi e Justin Trudeau si sono incontrati (e che cosa si sono detti)

Boschi, Trudeau

Riunione a Montreal di politici e intellettuali progressisti di tutto il mondo. E fra loro c’era Maria Elena Boschi, assieme a un piccolo manipolo di renziani doc. L’occasione era il summit di Global Progress, think tank internazionale di orientamento liberal, andato in scena lo scorso weekend in Quebec. Lì i big del mondo progressista hanno discusso di temi politici, sociali e ambientali, con l’obiettivo di definire un’agenda comune, o quantomeno di fissarne i presupposti per contrastare l’ascesa dei cosiddetti populismi.

TRUDEAU OSPITE D’ONORE

Ricco il ventaglio degli ospiti. Il più illustre era senz’altro il premier canadese Justin Trudeau (nella foto, assieme alla Boschi), recentemente assurto al rango di star della politica internazionale, grazie soprattutto ad alcuni sgambetti rifilati a Donald Trump, che lo hanno consacrato giovane faro del mondo lib-lab. Con Trudeau, a fare gli onori di casa, Philippe Cuillard, premier del Quebec. Dalla vicina Washington era invitato John Podesta, già capo di gabinetto di Bill Clinton e presidente della campagna elettorale di Hillary, nel 2016.

COSA HA DETTO MARIA ELENA BOSCHI

Maria Elena Boschi era una delle relatrici della plenaria, in cui il tema principale era il contrasto al populismo. Nel suo intervento la sottosegretaria si è concentrata sull’attività del Governo italiano, soprattutto nell’ambito occupazionale. “Ho parlato dei risultati ottenuti in Italia, come la riforma del lavoro, e degli obiettivi per il futuro – ha riassunto alla Stampa – Ho sottolineato anche la necessità di impegnarci per creare maggiori condizioni di prosperità, altrimenti mancano le risorse per favorire l’equità sociale”. Nella stessa intervista la Boschi ha attaccato il Movimento 5 Stelle. “Quando invece di dire solo no, nelle città il M5S ha dovuto dare risposte concrete su temi come la sicurezza, i rifiuti o la gestione delle emergenze atmosferiche, non è stato all’altezza delle aspettative dei suoi elettori. Credo che questo peserà quando gli elettori dovranno decidere a chi dare la responsabilità di guidare il Paese. Su molti temi fondamentali, come economia, crescita e lavoro, non sappiamo nemmeno quale sia la posizione dei Cinquestelle, a parte il reddito di cittadinanza che è assistenza, non creazione di nuove opportunità. Il loro programma dice che vogliono uscire dall’euro, mentre il possibile candidato premier Di Maio pare non esserne così sicuro”.

GLI ALTRI RENZIANI PRESENTI

La sottosegretaria alla presidenza del Consiglio non era l’unica italiana presente in Canada. Il mondo renziano, da cui lei dopo la débacle referendaria aveva dato la sensazione di tenersi un po’ a distanza, era ben rappresentato. C’era ad esempio Giuliano da Empoli, fondatore e presidente del think tank Volta (associazione che fa parte di Global Progress), ed ex assessore a Firenze quando a Palazzo Vecchio c’era proprio l’attuale segretario del Pd. Da Empoli ha moderato il dibattito sulla globalizzazione a cui ha partecipato anche il vicepresidente della Commissione Europea Franz Timmermans. A parlare di sicurezza è stato invitato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi.
Nel panel dedicato al lavoro, in particolare alle innovazioni portate dall’intelligenza artificiale, è intervenuto Diego Piacentini, ex manager di Apple e Amazon, nel 2016 nominato dal governo Commissario straordinario per il digitale, dopo un lungo “corteggiamento” da parte di Matteo Renzi in persona, secondo quanto lo stesso Piacentini ha raccontato a Repubblica. Piacentini fa parte del vertice di Volta.

GLI ALTRI OSPITI: NGO, GIORNALISTI E MANAGER

A Montreal, per l’appunto, non c’erano solo politici. Arianna Huffington, fondatrice dell’Huffington Post, una delle principali testate liberal degli Stati Uniti, è intervenuta nel dibattito sull’innovazione digitale, in cui si è discusso su come affrontare le sfide all’informazione nell’era di Facebook, delle fake news e della crisi dell’editoria tradizionale. Con lei hanno dialogato il ceo del social network Reddit Steve Huffman, il fondatore di Linkedin Reid Hoffman e il ministro greco alle politiche digitali Nikos Pappas.
Presente anche il mondo delle Ong, con il ceo di International resque committee David Miliband e la presidente di Save the children Helle Thorning Schimdt, che ha parlato di sicurezza internazionale. La discussione, a cui hanno partecipato anche Gozi, il ministro olandese dello sviluppo Lilianne Ploumen e l’ex presidente estone Toomas Ilves, si è incentrata sui rischi di escalation nucleare e cyber attacchi. “Come possiamo, noi progressisti, collaborare per difendere il ruolo della legge, il rispetto dei diritti umani e i valori democratici in cui crediamo?”, si sono chiesti gli ospiti.

IL REBUS DEI PROGRESSISTI

La sfida, anzi, il rebus, è lo stesso su cui, a casa nostra, si stanno scervellando i leader del Pd, a partire dallo stesso Renzi. Il segretario del Pd, di recente, nel tentativo di fermare l’emorragia di consenso a destra, quei toni progressisti li ha un po’ stemperati (vedere alla voce “aiutiamoli a casa loro”). Detto questo, al raduno globale dei progressisti di Montreal, a partire dalla Boschi, gli italiani presenti erano praticamente tutti renziani. O quasi.


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