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Vi racconto il successo (anche italiano) di Cassini. Parla Battiston (Asi)

Cassini non c’è più, o meglio la missione è compiuta, la sonda si è disintegrata (come da copione nell’atmosfera di Saturno) e garantirà grazie alle immagini e ai dati forniti fino agli ultimi secondi di vita, tanti anni di lavoro e ulteriori scoperte per gli scienziati. Ne è certo il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston, che ha seguito il grande tuffo della sonda direttamente dal Jpi della Nasa a Pasadena, in California.

Professore, ci racconti gli ultimi attimi della sonda.

È un momento storico, Cassini è una missione di grandissimo successo e dopo 20 anni di operatività ha garantito una precisione di mezzo minuto. Il suo segnale radio, come rilevato dal centro di controllo Jpl della Nasa, che è il centro di controllo delle missioni interplanetarie, si è spento circa 25 secondi più tardi del previsto, resistendo all’instabilità e all’aggressione dell’impatto con l’atmosfera.

Quanta Italia portava con sé la missione?

A bordo della sonda erano presenti alcuni componenti straordinariamente sofisticati, come l’antenna ad alto guadagno, unica nelle sue caratteristiche avendo un diametro di 4 metri, che chiaramente è fondamentale per comunicare con la Terra. I suoi segnali hanno permesso di realizzare degli esperimenti di radioscienza molto precisi e hanno sottoposto a test di carattere fondamentale la teoria della relatività generale di Einstein, verificandone la veridicità e l’accuratezza con una precisione straordinaria. Inoltre, a bordo sia di Cassini sia di Huygens (la sonda che si è staccata da Cassini per andare alla scoperta di Titano, una luna di Saturno, ndr) avevamo gli strumenti per prendere le misure ambientali che si sono rivelate molto utili durante l’inserimento di Huygens nell’atmosfera di Titano, permettendo di analizzare questo mondo pieno di metano, così diverso dal nostro.

Una tecnologia Made in Italy che ha resistito molti anni.

Le sonde avevano a bordo la tecnologia italiana di 20 anni fa, che si è sviluppata alla fine degli anni 90, ma a un livello talmente elevato che ha contribuito a parti fondamentali della missione. La grande antenna ha funzionato senza sosta in questi vent’anni (costruita in Italia da Thales Alenia Space, ndr), una dimostrazione di tecnologia e di capacità scientifica straordinaria che ci rende fieri e che è alla base di ulteriori altre missioni che hanno, su questa eredità di progettazione di antenne, costruito strumenti modificati e adattati per andare verso Marte, verso Venere. La missione ci ha permesso come Paese di tenere una posizione invidiabile nella collaborazione internazionale e nei programmi interplanetari.

C’è molta attesa della comunità scientifica per le ultime immagini che Cassini ha inviato alla Terra prima della sua disintegrazione nell’atmosfera di Saturno.

Negli ultimi attimi di vita, Cassini ha mandato immagini passando nei vari strati della superficie in continuità e senza sosta. Per ora non dicono niente di diverso dal solito, non si possono ad occhio estrarre informazioni particolari, però come ha anche detto la commentatrice della Nasa, gli ultimi secondi sono unici e potranno rivelare un contenuto scientifico che sarà studiato negli anni a venire, chissà quante tesi di dottorato saranno fatte sugli ultimi secondi dei dati di Cassini.

Che costo complessivo ha sostenuto l’Italia per la missione?

La missione nel suo complesso è costata 3,9/4 miliardi di dollari, contando anche i 20 anni di operazioni, l’Agenzia Spaziale Italiana ha dato un contributo vicino al 10%, mentre l’Agenzia Spaziale Europea del 13/14%. In questi casi quello che conta non è tanto il valore economico, che può essere valutato opportunamente, ma è anche la qualità e il contenuto. L’antenna ad alto guadagno e gli strumenti di bordo e il radar sono dei capolavori della tecnologia italiana. Le stesse antenne della costellazione italiana Cosmo-Skymed (realizzata per Asi e Difesa da Thales Alenia Space Italia, ndr) derivano da questo tipo di capacità che con Cassini ha raggiunto davvero l’apice.


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