In giacca antracite, collana d’argento e pantaloni, Theresa May è stata accolta da un applauso al suo ingresso nell’aula magna dell’ex caserma dei Carabinieri a Firenze. Ad ascoltare in prima fila il suo atteso discorso sulla Brexit che sarà, e che è sempre più vicina, c’erano Boris Johnson ministro degli Esteri, David Davis segretario di stato per la Brexit e Philip Hammond cancelliere dello scacchiere: il tory presente e compatto, insomma. Il primo ministro inglese ha parlato con alle spalle uno sfondo bianco su cui era ritratta la geografia mondiale e la scritta, “Shared History, Shared Challenges, Shared future”.
Storia, sfide, futuro. “Questo sarà un momento determinante nella storia della nostra nazione”, ha esordito Theresa May e che senza mezzi termini ha poi aggiunto: “durante tutti gli anni della nostra partecipazione, il Regno Unito non si è mai sentito completamente a casa in seno all’Unione Europea. Non abbiamo mai sentito la Ue come parte integrante della nostra storia nazionale nel modo in cui questo avviene in molti altri posti in Europa”.
Del resto la Brexit è nata anche dal desiderio di un Regno Unito “più sovrano”, ed è quello che ha chiesto venerdì a Firenze. Ma la Union Jack non sparirà dall’Europa, solo dalla Ue. La May non intende abbandonare, infatti, l’alleanza con i Paesi del continente, ma “ne serve una nuova a beneficio di tutti, si può e si deve fare: è nell’interesse di tutti che i negoziati abbiano successo”.
E ci saranno state anche ‘frizioni’ nei tre round di negoziati, ma bisogna rispettare il risultato del referendum, il tempo stringe e i miti consigli forse arriveranno. Il messaggio è stato piuttosto chiaro. Così come quello rivolto ai seicentomila italiani oggi nel Regno Unito: “Vogliamo che rimaniate, siete per noi un valore, vogliamo che restiate. L’impegno è di assicurare che voi continuate a vivere le vostre vite come prima”. Un impegno non da poco e che non può risultare trascurabile, mentre sullo sfondo il primo ministro inglese mette i nuovi rapporti economici e nuovi rapporti di sicurezza. Per applicare il concordato ci vorrà un periodo di transizione con la Ue di due anni e alla fine niente mercato unico e niente unione doganale. E anche qui c’è stato poco da essere equivoci.
A proposito, invece, del famigerato ‘divorce bill‘ il primo ministro ha usato una parola chiave, ‘commitment’, impegno: “onoreremo gli impegni contratti durante la nostra presenza nell’Unione europea” e nessun paese Ue dovrà soffrire per dei ‘buchi’ nel bilancio. Per adesso, però, nessuna cifra. Forse si tratterà di 20 miliardi di euro, di certo niente che assomiglierà ai numeri di Bruxelles.
Le reazioni non si sono fatte desiderare. “Ottimista, positivo e dinamico”, così è stato il discorso della May per Boris Johnson. L’uomo che per la stampa internazionale è molto più che ai ferri corti con il primo ministro, su Twitter e ai giornalisti che lo hanno subito braccato, ha regalato applausi e soddisfazione al leader del suo partito una terminato il discorso. Philip Hammond, il collega ‘moderato’, si è messo sulla stessa lunghezza d’onda. Bastian contrario della prima ora, invece, il solito Nigel Farage. Quello che è considerato uno dei grandi vincitori del referendum sulla Brexit è convinto che con il suo discorso a Firenze, Theresa May “ha mostrato molto chiaramente che lei in realtà non vuole per niente lasciare la Ue”. Farage ha detto che non sarà sorpreso se il premier che si troverà alla guida del Paese al termine di questo periodo di transizione chiederà poi di allungare i tempi. Ed ha aggiunto, poi, che il discorso della May sembra proprio un “gestaccio ai 17,4 milioni di persone che hanno votato per la Brexit“. Senza contare che avrà “deluso una fila di Paesi” fuori dalla Ue che vogliono fare affari con il Regno Unito che però non potrà firmare accordi commerciali fino almeno il 2022.
Il presidente del gruppo del Partito Popolare Europeo all’Europarlamento, Manfred Weber, si è detto “ancora più preoccupato” per l’andamento dei negoziati sulla Brexit. “Sulla sostanza il primo ministro May non sta affrontando più chiarezza sulle posizione di Londra”. “Ha avuto 15 mesi per pensarci ed è andata fino a Firenze per dirci quello che sapevamo già”, un irritato Jeremy Corbyn, il leader labourista, si è così infilato nei commenti post discorso. Provando a liquidare il discorso di Theresa May come “il risultato di negoziati interni ai Tories piuttosto che di negoziati con la Ue”. Intervistato dalla Bbc il laburista ha infatti detto che un periodo di transizione post Brexit era stato sempre tra le carte sul tavolo dei negoziati, convenendo, poi, però, sulla sua necessità. Oltre che una misera reazione di pancia quella di Corbyn, insomma, continua ad essere una opposizione sotto tono.
Michael Gove, dall’altro lato della carreggiata, cancelliere della giustizia per il governo Cameron, e oggi esponente di rilievo nel partito conservatore ha applaudito “all’eccellente discorso”. Cosa che non ha potuto evitare neanche il capo negoziatore Ue per la Brexit, Michel Barnier, che ha voluto lodare lo “spirito costruttivo” del discorso pronunciato a Firenze. “May ha espresso uno spirito costruttivo che è anche lo spirito dell’Unione europea per questo negoziato senza precedenti”. Lo spirito che in qualche modo, dall’Italia, ha elogiato Daniele Capezzone, “Theresa May sceglie un approccio pragmatico, realistico, praticabile. Sarà dura per gli ayatollah dell’europeismo politicamente corretto far finta di non capire o stravolgere il suo discorso”. Già, sarà dura. Ma neanche troppo, la stampa ha infatti già iniziato a giocare con i titoli per raccontare che il primo ministro inglese intende rimandarla questa Brexit.